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Le nuove scelte della Turchia

Il 2016 che si chiude e il 2017 che si apre offrono molte novità rispetto allo scenario internazionale di dodici mesi fa.

Tra i più rilevanti cambiamenti vi è certamente quello della radicale inversione di rotta della Turchia e del suo presidente Recep Tayyip Erdogan, il quale, dopo il tentato golpe di luglio che ha provato a disarcionarlo dal potere, sta compiendo scelte prima inimmaginabili. La Turchia oggi stringe un’alleanza strategica con Iran e Russia, i tre capi di stato si sono incontrati a Mosca, confermando il comune impegno sottoscritto a fine dicembre dai tre ministri degli esteri Sergej Lavrov, Mevlut Cavusoglu e Mohammad Javad Zarif a difesa della sovranità e dell’integrità territoriale della Siria e contro ogni semplificazione monoreligiosa, attenta piuttosto al pluralismo confessionale e alla salvaguardia della laicità dello stato siriano, il tutto con il vivo apprezzamento della Cina Popolare. Una relazione, quella tra Russia e Turchia, non incrinata dal criminale e recente attentato dell’ambasciatore russo.

Erdogan, salito al potere una quindicina d’anni fa appoggiandosi al sostegno della NATO, dell’amministrazione Bush e dell’infiltrazione degli affiliati della setta di Fethullah Gülen a tutti i livelli, dalle università all’esercito, ha posto termine tanto alla sua sudditanza verso gli uni, quanto verso gli altri. Nel suo partito AKP, la corrente di destra dei suoi vecchi alleati Abdullah Gül e Ahmet Davutoglu, al contempo gulenisti e atlantisti, gli muove oggi contro, tanto che Erdogan deve appoggiarsi all’ala “sinistra” del partito, quella guidata dal sindaco di Ankara Melih Gökçek, che chiede un definitivo posizionamento della Turchia a fianco della Russia. Se la questione della NATO è molto delicata, Erdogan ha in ogni modo avviato la trattativa per l’adesione all’Organizzazione di Shangai, che unisce le nazioni eurasiatiche su principi di sicurezza strategica e cooperazione economica.

Mentre la lotta contro i golpisti gulenisti prosegue, la rottura con gli Stati Uniti ha posto fine anche a ogni apertura da parte del governo verso il separatismo curdo, che non ha disdegnato sempre a fine dicembre, di manifestare in Germania insieme ai sostenitori di Israele, facendo sventolare insieme bandiere curde e israeliane. Il partito HDP, prossimo ai separatisti curdi e in maniera fuorviante interpretato come rappresentante della sinistra da una parte di quella sinistra europea che preferisce gli slogan ai fatti, perde consensi, anche per la permanente azione terroristica di una parte del mondo curdo, si pensi solo all’ultima strage a Istanbul che ha ucciso 38 presone presso lo stadio del Besiktas ai primi di dicembre. Per altro HDP e i vertici socialdemocratici del CHP, manifestando tutta la loro subalternità agli interessi occidentali, son pronti a difendere persino i gulenisti incarcerati, come la permanenza della Turchia nella NATO, pur di contrastare Erdogan sempre e comunque.

Questi nuovi scenari potrebbero aprire maggiori spazi per il Partito Vatan, di origine maoista e oggi apertosi al kemalismo, da tempo propugnatore di una collaborazione organica con Cina, Russia, Siria e Iran. Il Partito Vatan tra l’altro cresce nei consensi tra gli universitari, a partire da quelli di Ankara, si radica nelle regioni curde aprendo sedi a Van, Bayburt, Bingöl con un crescente numero di iscritti e una nuova sede a Diyarbakir guidata da un ex-dirigente sportivo e sindacale. Il Partito Vatan, che avanzava tale proposta fin dal 2001, trae anche soddisfazione dall’intenzione di Erdogan di vietare l’uso del dollaro sul territorio turco. Tale scelta è il risultato di una netta svolta in cui l’Erdogan di oggi ripudia l’Erdogan liberista di ieri, incentivando ora il ritorno all’economia produttiva e la de-dollarizzazione degli scambi commerciali internazionali.

Certo tutto può ancora cambiare e non bisogna farsi illusioni, ma sicuramente la Turchia si rivela oggi la nazione più dinamica e imprevedibile del contesto euro-mediterraneo, capace di compiere scelte che aprono scenari di pace e cooperazione orientati a una distensione del quadro internazionale, promuovono il multipolarismo e in politica interna rivedono la lunga stagione liberista iniziata ben prima di Erdogan.

Davide Rossi

Davide Rossi, di formazione storico, è insegnante e giornalista. A Milano dirige il Centro Studi “Anna Seghers” ed è membro della Foreign Press Association Milan.