A female army recruit attends a base training next to male recruits at the armored battalion in Setermoen, northern Norway on August 11, 2016. Norway has become the first NATO member to have compulsory conscription for women as well as men in the army. Recently, the first batch of army recruits joined the ranks in The Armored Battalion in the Norwegian Army located in Setermoen in northern Norway. / AFP PHOTO / KYRRE LIEN / TO GO WITH AFP STORY BY PIERRE-HENRY DESHAYESKYRRE LIEN/AFP/Getty Images
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In Norvegia la sinistra si spacca sul servizio militare femminile

Il governo socialdemocratico norvegese nel 2013 aveva fatto approvare dal parlamento una riforma delle forze armate che imponeva la leva obbligatoria anche alle ragazze e non solo agli uomini come era prassi fino ad allora. Tale riforma è entrata in vigore nel 2015 e l’esercito norvegese ha così iniziato il reclutamento forzato delle giovani donne.

La misura è stata promossa dal PS norvegese nel nome delle cosiddette “pari opportunità”, anche se i veri motivi sono da ricercare in questioni geopolitiche ostili verso la Russia, a cui la socialdemocrazia nordica si è purtroppo piegata seguendo i diktat imperialisti.

Alla sua sinistra il partito ROEDT (che unisce ex-maoisti, troskisti ed eco-socialisti) ha lodato l’idea della milizia di popolo come presunto elemento di democrazia. Di tutt’altro avviso il Partito Comunista di Norvegia (NKP) che ha invece denunciato una svolta bellicista del paese in funzione anti-russa oltre che un pessimo segnale di inquadramento della gioventù.

In pratica, mentre i comunisti si schierano per la pace e per evitare l’eccessiva militarizzazione della società norvegese mantenendo un’analisi di classe, la “sinistra” più liberal (sia nella sua variante moderata che radicale) spinge per l’intruppamento forzato e l’aumento del numero di soldati.