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Colpo di stato in Brasile: rovesciato il governo di sinistra! Gli USA esultano, il Venezuela rompe le relazioni

Il senato del Brasile ha approvato la destituzione della presidente Dilma Rousseff con 61 voti a favore e 20 contrari: ne erano sufficienti 54. La principale economia latinoamericana e una delle maggiori economie emergenti sul piano mondiale, parte dei cosiddetti “BRICS”, cambia la guida: il golpista Michel Temer (che ha tradito Dilma, essendone il vicepresidente) si è insediato e riporterà il Brasile sotto l’influenza degli USA, adottando una linea politica di destra e neoliberale.

La proposta dei golpisti di addirittura togliere a Dilma la possibilità di candidarsi per i prossimi otto anni non ha invece raccolto un sufficiente consenso, così da lasciare una speranza al Partito dei Lavoratori (PT) che viene ora scacciato dal governo del Paese. Il PT era al governo assieme pure al Partito Comunista del Brasile (PCdoB) e negli ultimi anni aveva dato una notevole svolta sociale al Paese in particolare con importanti programmi a favore dell’istruzione pubblica e degli alloggi popolari.

Dilma con l'ex-presidente, il leader sindacale Lula
Dilma con l’ex-presidente del Brasile, il leader sindacale Lula, entrambi dirigenti del PT

“Il Senato ha commesso un colpo di stato parlamentare” ha affermato Dilma subito dopo la decisione, a cui ha assistito con l’ex-presidente del Paese, il leader sindacale Lula Da Silva. La presidente è infatti stata strumentalmente accusata della destra di aver compiuto irregolarità di bilancio relativamente ad alcune manovre fiscali. Accuse rivelatisi infondente, ma che non hanno impedito ai golpisti di prendere il potere.

Intanto il governo rivoluzionario di Cuba ha condannato la destituzione di Dilma, così come ha fatto il governo progressista dell’Ecuador e quello della Bolivia. Il Venezuela ha a sua volta reagita prontamente alla nuova situazione venutasi a creare in America latina e subito annunciato oltre al ritiro del proprio ambasciatore anche il congelamento delle relazioni diplomatiche con il Brasile, paese in cui la democrazia è stata ormai sospesa. Dall’Ecuador anche il presidente Rafael Correa ha fatto intendere che potrebbe seguire la stessa via indicata dall’omologo venezuelano Nicolas Maduro.

In Svizzera sono i comunisti di Massimiliano Ay a condannare risolutamente il golpe: “l’anno scorso ampia parte della sinistra svizzera ed europea scendeva in piazza, seguendo i media atlantici, contro il governo brasiliano con la scusa dei Mondiali di calcio. il nostro Partito avvertiva che quella era invece una prova generale per destabilizzare un governo che stava liberando il Paese dal neo-colonialismo e che stava attuando importanti programmi sociali. Siamo stati criticati da molti a sinistra, e invece come avevamo previsto, oggi il colpo di stato è stato servito con toni nostalgici della dittatura militare. Ai nostri compagni del PT e del PCdoB rovesciati perché hanno governato bene, va la nostra solidarietà anti-imperialista!”.

Sindacati in piazza a favore di Dilma
Sindacati in piazza a favore di Dilma

Involontariamente è il “Clube Brasileiro da Suiça Italiana” a confermare la tesi dei comunisti svizzeri: esultando, infatti, hanno spiegato il motivo del loro sostegno al golpe: “il governo Rousseff ha sempre cercato consensi facili fra le fasce economicamente più deboli della popolazione”!

Dalla vicina Italia si è alzata la voce di Francesco Della Croce, esponente del Partito Comunista Italiano (PCI), che ha espresso il suo disappunto con un’analisi più geopolitica: “è in corso una grande offensiva di restaurazione da parte dei padroni del mondo, gli USA, che non accettano evidentemente il rischio di non esserlo più a breve, a causa del sorpasso economico della Cina sugli USA e del rafforzamento delle relazioni internazionali tra i paesi BRICS. E’ un attacco al gruppo di Stati che ambisce alla costruzione di un mondo multipolare e alla costruzione di relazioni internazionali basate sulla cooperazione e non sulla sudditanza. Contestualmente, si punta ad un indebolimento delle forze statuali più avanzate sul terreno della costruzione del socialismo (la Cina) e delle forze comuniste ed anticapitaliste che operano negli altri grandi Paesi emergenti”.