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Ode a Cesarone e a Giuanin

Mentre la Coppa America del Centenario vede primeggiare le prevedibili Argentina, Colombia, Brasile e la sorpresa Venezuela, coi vinotinto capaci di eliminare gli uruguagi, mentre la RAI non solo permette di vedere pochissime partite, ma cancella “Tutto il calcio minuto per minuto”, vergognosa scelta che dopo oltre mezzo secolo priva i radioascoltatori della possibilità di emozionarsi per quello che già da tempo le televisioni a pagamento negano, il campionato europeo in terra di Francia ha preso avviato tra inaspettate sorprese.
La più clamorosa, tra zolle che volano, palloni in tribuna, festose ammucchiate difensive, è il risorgere, ode postuma a Giuanin Brera e a Cesarone Maldini, del catenaccio.
Sì, perché dai rumeni ai nordirlandesi, passando per turchi, russi, albanesi e molti altri ancora, si assiste a una vera e propria riscoperta del modulo difensivo “all’italiana”. In modo sublime, le squadre che sanno di essere meno forti dei blasonati avversari che si trovano di fronte, ripiegano a usbergo delle loro aeree di rigore, prodigandosi in contropiedi tanto rari, quanto efficaci, riuscendo a volte a concretizzare con un gol uno dei due soli tiri che han fatto verso la porta avversaria. Tutti questi neocatenacciari sanno benissimo che devono difendere anche quando perdono per uno a zero, altrimenti si scoprirebbero e prenderebbero una seconda rete. Questo, ripetuto all’infinito, è stato da sempre il primo comandamento del buon calcio secondo Gianni Brera e del più convinto catenacciaro di sempre, Nereo Rocco, che ha avuto un unico e insuperato erede nel suo concittadino triestino Cesare Maldini, recentemente scomparso.
La più affascinante tra tutte le strategie difensive viste finora è certamente quella messa in campo dall’allenatore russo Leonid Sluckij, il più giovane del torneo coi suoi soli 45 anni. Contro gli inglesi che entrano in campo con l’altezzosa alterigia della loro superiorità tecnica, Sluckij organizza una paziente tattica difensiva. I russi subiscono e contrattaccano, ma non si scoprono – mai – scocca il 90° e sono sotto di una rete, subita un quarto d’ora prima, poi il capitano, il difensore centrale del CSKA Mosca con passato da mediano Vasilij Vladimirovič Beresuzkij, incorna un pallone proveniente da un calcio d’angolo al 92° ed è un trionfale pareggio per i russi, una meritata e bruciante lezione per i britannici.
Nel frattempo la potenza croata ha ragione della resistenza turca, i tedeschi campioni del mondo piegano, anche grazie a Boateng che libera sulla linea di porta, gli ucraini, i francesi vincono nella partita inaugurale la muraglia rumena con molta fortuna.
Dodici anni fa la Grecia di Otto Rehhagel è sembrata un assurdo e anacronistico scherzo del passato. Io, tra i pochissimi, mi sono esaltato allora e ricordo con emozione oggi come quella piccola squadra sia stata capace di piegare squadroni milionari, giocando con sei difensori, molto fiato e qualche contropiede.
Rehhagel oggi guarda le partite alla televisione e sicuramente sorride di un calcio in cui il suo gioco difensivo non è più una stravagante stranezza, ma una diffusa e ragionata pratica, sebbene nessuno, a parole e ufficialmente nelle conferenze stampa, lo ammetta.
Insomma il catenaccio serve e funziona ed è meglio praticarlo con abnegazione, l’importante è non dirlo e soprattutto sperare che gli altri non se ne accorgano.

Davide Rossi

Davide Rossi, di formazione storico, è insegnante e giornalista. A Milano dirige il Centro Studi “Anna Seghers” ed è membro della Foreign Press Association Milan.