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La Romania fra ieri e oggi: ma Ceausescu era davvero così sprovveduto?

Premesso che le contraddizioni della Romania socialista sotto la guida di Nicolae ed Elena Ceausescu furono enormi e che il colpo di stato che rovesciò il Conducator nel 1989 fu facilitato proprio dai gravi errori di direzione politica commessi dalla coppia, sono convinto che occorra vedere sotto altri occhi alcune questioni dirimenti della storia degli ultimi anni del socialismo rumeno e mi riferisco soprattutto alle scelte economiche. In questo dissento almeno parzialmente con alcuni giudizi contenuti nell’articolo – peraltro serio e apprezzato – del compagno Davide Rossi, apparso su Sinistra.ch (link).

ceausescu_giardinoCeausescu decise di ripagare tutto il debito estero della Romania: ciò si tradusse in misure di austerità per la popolazione. Quanto queste furono imposte da Ceausescu è difficile da stabilire, poiché le informazioni divergono. Nel 1989 l’export rumeno equivaleva a quasi 6 miliardi di dollari. Dopo aver pagato tutti i debiti ne avanzavano 3,7 miliardi. L’ex vice-premier Ion Dinca (in carica nel 1989) ebbe modo di dichiarare di fronte a una commissione d’inchiesta nel 1993, come Ceausescu rifiutò di stornarne almeno una parte alla popolazione. “I soldi debbono essere destinati all’industria (…) non è che adesso possiamo mangiare tutto ciò che produciamo”, avrebbe affermato il Conducator stando alla testimonianza avvenuta comunque nell’ambito di una commissione certamente non neutrale. Non mi voglio inoltrare qui in un’analisi di quanto la catena di comando fra il centro e la periferia fosse compromessa, come peraltro si può evincere dalle testimonianze contenute nel libro “La fine dei Ceausescu” di Grigore Cartianu (Aliberti Editore 2012): certo è che mentre Bucarest ordinava la distribuzione supplementare di grano alla popolazione (nonostante l’austerità), in molte regioni le cifre venivano manipolate e persino il pane veniva distribuito con le tessere annonarie; aspetti di cui i Ceausescu vennero a conoscenza quando ormai era troppo tardi.

Ma era davvero scellerata l’idea di ripianare il debito? Oggi più che mai osserviamo come molte nazioni europee abbiano perso ogni reale potere decisionale, e anzi siano sottomesse al ricatto degli organismi finanziari internazionali. Nicolae Ceausescu – dipinto dalla stampa occidentale non solo come un tiranno, ma soprattutto come un emerito stupido – tentò proprio di evitare questo e lo fece con molta più preveggenza di altri statisti dell’Est ma anche dell’Ovest e – di fronte agli sconquassi nell’area di influenza sovietica – tentò di salvare l’indipendenza della Romania per impedirne il collasso economico, sociale e culturale in cui invece è finita oggi.

La politica di sovranità economica favorita da Ceausescu creava forti frizioni con Mosca finita ormai sotto il controllo di Mikhail Gorbaciov, il quale – dopo aver epurato almeno la metà del Comitato Centrale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica (per la felicità dei circoli mondialisti) – aveva dato il via a un fin troppo evidente processo di (disonorevole) capitolazione che comprendeva anche la vera e propria svendita di quelli che erano considerati i paesi “satelliti”. Ma soprattutto la linea di Ceausescu infastidiva Washington, poiché la Romania, estinguendo il debito con la Banca Mondiale, aveva fatto saltare ogni vincolo con gli ambienti usurai occidentali e addirittura stava andando oltre. In pochi rammentano infatti che, proprio poco tempo prima di subire il colpo di stato che lo ucciderà, Ceausescu stava dando impulso a un progetto rivoluzionario: un istituto internazionale di credito che avrebbe concesso prestiti a tasso ridottissimo (intorno al 3%) ai paesi poveri, destinata al loro sviluppo piuttosto che ai consumi: una sorta di Banca Mondiale anti-imperialista a cui avevano dato la loro adesione non solo gli ayatollah della Repubblica Islamica dell’Iran, ma soprattutto Muammar Gheddafi, leader della Repubblica Araba Popolare Socialista di Libia e che anche lo sceicco del Kuweit stava caldeggiando.

iranNon a caso, quando Ceausescu iniziò a esprimersi in tal senso, i poteri forti legati al Fondo Monetario Internazionale e al capitale finanziario si infastidirono non poco. In men che non si dica in Occidente si scatenò un attacco mediatico contro la Romania, incentrato (naturalmente) sui diritti umani calpestati, la libertà religiosa negata (addirittura il Wall Street Journal parlò di Bibbie trasformate in carta igienica), ecc. Il solito copione che poi abbiamo visto contro l’Irak, contro la Serbia, contro la Bielorussia, contro l’Iran, contro la Libia, contro l’Ucraina e ora contro la Siria, e a cui anche la sinistra buonista ci casca ormai regolarmente. Ceausescu venne rovesciato perché impose una politica economica patriottica e anti-imperialista che avrebbe reso la Romania indipendente sia dal collasso ormai prossimo dell’Unione Sovietica sia dall’imperialismo atlantico. Tempi e metodi furono sbagliati? E’ molto probabile: di certo la caduta di Ceausescu e l’arrivo della “democrazia liberale” non ha in alcun modo favorito né la nazione rumena né la classe operaia.

Massimiliano Ay

Massimiliano Ay è segretario politico del Partito Comunista (Svizzera). Dal 2008 al 2017 e ancora dal 2021 è consigliere comunale di Bellinzona e dal 2015 è deputato al parlamento della Repubblica e Cantone Ticino.

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