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Ecuador e Venezuela: unità di fronte al golpismo e alla disinformazione

Sinistra.ch accoglie la traduzione – a cura di Aris Della Fontana – di un articolo (Equateur et Venezuela: unité face au putschismeapparso sul portale belga Investig’action a firma di Alex Anfruns e di Tarik Bou

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Rafael Correa e Nicolas Maduro
Rafael Correa e Nicolas Maduro

Negli ultimi mesi numerose delegazioni politiche si sono accalcate per rendere visita all’opposizione venezuelana. Ma in questi incontri non vi è nulla di spontaneo. Siamo infatti di fronte a una campagna di propaganda ben orchestrata.

Si pensi, in tal senso, al breve soggiorno a Caracas della delegazione di Aécio Neves e di altri senatori brasiliani, finalizzata a far sì che la «pressione internazionale faccia in modo che il Venezuela indica delle elezioni libere».

Per mobilitare l’opinione pubblica internazionale, questi settori politici possono contare sull’appoggio attivo dei media dei loro paesi. La quasi totalità dei media brasiliani, in tal senso, è controllata da quattro famiglie.

E, come se non bastasse, recentemente tre monopoli dell’informazione latino-americana hanno stabilito una tattica alquanto significativa: gli 82 media sotto il loro controllo dovranno dedicare almeno una pagina al giorno alle critiche contro il Venezuela (1).

Stiamo parlando degli stessi media che sfruttano l’incontro dell’ex capo del governo spagnolo, Felipe Gonzalez, con vari leader della destra latino-americana (2), affinché il prigioniero Leopoldo Lopez venga presentato come un santo innocente, redentore della Patria.

Evo Morales ha denunciato il cinismo che caratterizza questa situazione. «Quale classe politica socialista può rendere visita all’estrema destra venezuelana? Se essa è effettivamente socialista, allora per quale motivo, invece, non si reca a Guantanamo?» si è chiesto il presidente boliviano, affermando in conclusione che «questa è la prova che in Europa i socialisti sono i migliori strumenti del capitalismo» (3).

Per comprendere la portata di questa guerra mediatica è sufficiente gettare un occhio al fenomeno delle guarimbas (barricate), che ha avuto luogo all’inizio del 2014. Allora i media privati e internazionali presentavano il Venezuela come un paese scosso dalla guerra civile. Ma in nessun modo si mostrava la costruzione delle guarimbas, situate nei luoghi strategici al fine di seminare il caos. I piani di violenza dell’opposizione furono passati sotto silenzio, e le vittime delle guarimbas attribuite allo Stato. Questa campagna mediatica aveva, per unico obiettivo, quello di screditare e porre sotto una luce estremamente negativa il governo fuoriuscito dalla rivoluzione bolivariana, e di favorire il programma dei gruppi di estrema destra.

Ma questa guerra mediatica non si ferma alle frontiere del Venezuela. Attualmente, infatti, i media dominanti se la stanno prendendo anche con la Revolutión Ciudadana di Rafael Correa in Ecuador. Il pretesto è che quest’ultimo vorrebbe fare adottare una legge sull’eredità. Tale provvedimento riguarda una frazione estremamente minoritaria dalla popolazione (2 %), ma che si trova ancora a detenere un forte potere economico nonché, anche e soprattutto, mediatico.

Il presidente ecuadoriano ha denunciato con forza le manovre dell’opposizione e ha chiesto al suo popolo di essere vigile di fronte ai tentativi di destabilizzazione del suo governo. Si ricordi, in tal senso, che Rafael Correa nel 2010 fu vittima di un un tentativo di colpo di Stato, che, come nel caso venezuelano del 2002, si rivelò un triste fallimento (4).

L’Ecuador e il Venezuela rappresentano due essenziali pezzi d’uno stesso puzzle. A tal proposito non va dimenticato ciò che desidera la destra latino-americana per la “Patria Grande”. Ciò avviene concretamente in Honduras e ad Haiti, per fare solo due esempi. Il primo, dal colpo di stato contro il presidente Manuel Zelaya è diventato il paese più violento al mondo; una violenza che si dirige soprattutto verso l’opposizione, i giornalisti un po’ troppo indipendenti e contro coloro che lottano a livello sociale, come il professor Hector Martinez Motino, assassinato il 17 giugno scorso. Haiti, dal canto suo, rappresenta un’altra prova dell’inferno in cui l’imperialismo stelle e strisce ha sprofondato i paesi latino-americani da due secoli a questa parte, e ciò per aver osato conquistare libertà e indipendenza e per aver abolito lo schiavismo.

L’unità dei socialisti del XXI secolo è fondamentale per far fronte al golpismo.

Note:

(1) Questi monopoli sono il GDA (Grupo de Diarosa de las Américas), l’ANDIARIOS (Asociación de Editores de Diarios y Medios Informativos) e il PAL (Grupo Periódicos Asociados Latinoamericanos)

(2) http://internacional.elpais.com/internacional/2015/06/08/actualidad/1433792045_310361.html

(3) http://actualidad.rt.com/programas/entrevista/177203-morales-rt-eeuu-dominar-dividir-latina

(4) http://tercerainformacion.es/spip.php?article18879

Si vedano anche:

Venezuela, les guarimbas et le silence européen, di Alex Anfruns

Haïti: Le tremblement de terre quotidien, di Tarik Bouafia

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