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Dall’Angola al Portogallo, all’Italia della Resistenza e della fierezza contadina

In Por Aqui Tudo Bem seguiamo due giovani sorelle in fuga dalla guerra al loro arrivo nel capoluogo portoghese. Sospese tra il razzismo e lo sfruttamento indiscriminato subìto e la solidarietà fragile di chi vive una situazione altrettanto precaria, le due si ritroveranno loro malgrado a doversi arrangiare per sopravvivere e ritagliarsi nel contempo degli spazi di normalità, nel loro rapporto e nelle prime esperienze con l’altro sesso. L’annuncio della morte della madre rimasta in Angola arriverà in un momento di conflitto nella coppia, sancendo la separazione dei percorsi delle giovani donne : una seguirà una comitiva diretta in Francia, l’altra deciderà di tornare in patria. Pellicola densa e coinvolgente, capace di ben trasmettere la permanenza di una mentalità coloniale presso certe fasce di popolazione, e tratteggiare nel contempo la forza e la fragilità di due donne in crescita a confronto con delle condizioni di precarietà e incertezza purtroppo ancora attuali per molte persone nel bacino mediterraneo.

La creazione di significato ci svela uno scenario agreste nella volontà di dare un senso alla memoria partigiana, e di dare un senso alla scelta di vivere in quei luoghi (monti, colli) teatro di scontri accanitissimi a metà del secolo scorso e relegati a periferia spopolata che nel migliore dei casi ha conservato una piccola vocazione turistica negli ultimi decenni. La pellicola si dà un taglio naturalistico e etnografico interessante, ritraendo a più riprese elementi della civiltà contadina, costruendo una narrazione fotografica che spazia dalle nature morte agli interni domestici e agli oggetti di uso quotidiano, non disdegnando pure l’approccio  paesaggistico senza nulla sacrificare della vocazione politico-sociale del film. Possiamo seguire le rimembranze di uno degli ultimi abitanti della valle, e ascoltarlo passare in rassegna uno spaccato di storia italiana inframmezzato dai canti partigiani : la Seconda Guerra mondiale e la Resistenza, la Seconda Repubblica e poi il berlusconismo, fino ad arrivare ai più recenti anni di crisi. L’economia di sussistenza della valle e la difesa della memoria partigiana sembrano trovare nuovo ossigeno con l’arrivo di nuovi abitanti, una famiglia di tedeschi che lì vorrebbero prender casa. Il regista Simone Rapisarda Casanova ci lascia sulle note di un finale sforzato che sfocia in un abbondante quarto d’ora di confronto a suon di luoghi comuni tra tedeschi e italiani: si sarebbe potuto chiudere con più eleganza e poesia con la sequenza della libellula in volo, ma la pellicola resta più che apprezzabile.

Amos Speranza

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