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Venti di agosto, tra principesse francesi e una sapienza un po’ indigesta

Ventos de Agosto è un bel film che può però lasciare un senso di incompiutezza, questa la sensazione principale di buona parte della platea all’uscita della proiezione dell’anteprima stampa. Una sensazione che non è in contraddizione e va anzi a integrare l’altro filone interpretativo della pellicola di Gabriel Mascaro : un film “incompleto” come incomplete sono le esistenze dei protagonisti ; la ragazza costretta al villaggio dall’impegno nei riguardi dell’anziana nonna, che necessita di cure continue, all’anziana stessa che dopo aver perso l’occasione di seguire il marito verso altre mete si è ritrovata bloccata dall’artrite nella sua vecchia casa, al fidanzato che si vedrà negati i piaceri della carne come ritorsione a un’affinità crescente per i morti a margine di un distacco progressivo dai vivi e dalle occupazioni usuali. Dalle sequenze emerge la disperazione sociale dei personaggi, abitanti di un villaggio rurale dove, dopo aver trascinato cadaveri attraverso le strade sterrate, arrivati al posto di polizia “non c’è nessuno”.

Pellicola lineare, accessibile ma non banale, e certamente più apprezzabile dell’estenuante La Sapienza, uno sforzo di realizzazione che si fa involontaria parodia di avanguardie di ben altra caratura con i suoi primissimi piani laconici e mal recitati (in una tensione probabilmente voluta ma non per questo meno indigesta), oppure dell’argentino La princesa de Francia, che dopo una frizzante partenza sui versi di Shakespeare si fa via via più frivolo chiudendo su un finale da feuilleton che avrà deluso più di uno spettatore.

Amos Speranza

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