Il “Porcellum” della sinistra ticinese? Ne “Il Mucchio Selvaggio” morivano tutti

Il GAS, prodotto editoriale del Partito Socialista destinato ai social network, ha recentissimamente esposto, attraverso uno dei suoi articoletti, l’idea della nascita di un listone che raggruppi tutta la “sinistra”, allo scopo di «abbattere la maggioranza borghese». Questa “testata” – fedele specchio del degrado intellettuale di una sinistra ridotta a riprodurre malamente un corrispettivo speculare del tanto odiato “Mattinonline” – è solita a volte far uscire, tra una banale idiozia e l’altra, dei tentativi di analisi politica, solitamente indegni della benché minima attenzione. Ma stavolta è un’ipotesi di stretta attualità ad essere presa in causa: quella – invero un po’ trita e ritrita – di una casa comune del centro-sinistra, lanciata in maniera più composta dal deputato indipendente Jacques Ducry (ex-PLR), da sempre sostenitore di questa variante.

Il Porcellum della sinistra ticinese

Secondo lo pseudonimo Giuseppe Z. – autore del suddetto scritto, nonché ormai mitologica macchina del fango a danno del Partito Comunista – tale progettualità, che dovrebbe vedere unite figure quali «Carobbio, Ghisletta, Gysin, Ay, Ducry», sarebbe fondamentalmente una necessaria «porcheria». Più precisamente un «Mucchio selvaggio».
Nella sinistra ticinese, insomma, siamo finiti ai livelli del leghista Calderoli, che definì la sua stessa legge elettorale una «porcata», tanto che la stessa fu battezzata proprio con l’appellativo di “Porcellum”.
Del resto, sul fatto che si tratti di una porcheria, non gli si può certo dare torto, dato che parliamo – per come è configurata nell’articolo – di un’accozzaglia strutturalmente priva di un suo “perché”, se non quello di raccogliere più voti delle destre e mutare così le sorti del paese. Ma a lui tutto sommato piace: vediamo come mai…

Dal “socialistese” all’italiano

Riassumiamo e traduciamo brevemente dal “socialistese”, per onor di cronaca, il “pensiero” di Giuseppe Z.

Riassunto:

1 – la sinistra perde, la destra vince;

2 – la sinistra perde perché è frammentata, e non certo per una questione di contenuti (sic!);

3 – dato che la sinistra perde – in quanto frammentata – è necessario che tutti si uniscano per far sì che la sinistra ottenga più voti alle elezioni, con lo scopo finale di battere le destre; poi si vedrà…

Traduzione:

1 – il Partito Socialista ha perso ancora una volta le elezioni, e il baratro della storia si avvicina al galoppo;

2 – il Partito Socialista perde perché ha smarrito da almeno una decina d’anni il polso del paese, e a furia di fare accordi al ribasso con le destre – a beneficio di chi? – si è ritrovato col cerino in mano. Ma si può sempre dare la colpa agli altri: ad esempio alle altre forze della sinistra, che criticano il PS – lesa maestà! – alla Lega che dice le parolacce – una evergreen – oppure scaricando la responsabilità su tutta l’area progressista, invocando dunque il mantra dell’unità della sinistra. Basta, insomma, che non si citi mai la causa ben più probabile, ovvero la gestione dei dirigenti socialisti;

3 – Dopo essere state bersagliate a più riprese dal PS (e organismi collaterali di vario genere), dopo aver subito tentativi di esclusione dalle esperienze unitarie (es. a livello comunale), dopo aver visti numerosi appelli alla collaborazione concreta su numerose tematiche puntuali cadere nel vuoto dell’incomprimibile senso di superiorità che vige in casa socialista, et cetera, ecco ora che le suddette altre forze progressiste devono correre al capezzale di Bertoli e compagni, a portare l’acqua per far sì che quest’ultimi non debbano esalare l’ultimo respiro in politica, creando un’accozzaglia che superi i tanto desiderati “quorum-cadrega” in occasione dei vari appuntamenti elettorali.

La tesi di fondo sembrerebbe così piuttosto chiara: aldilà delle belle parole sul benessere della popolazione vessata dalle politiche delle destre, che come da rituale fanno da puntuale decorazione in questo tipo di frangenti, la vera finalità sembra quella di riciclare con un ennesimo accorgimento una dirigenza politica, quella socialista, che in questi anni ne ha azzeccate ben poche. Il tutto, naturalmente, nel nome dell’unità della sinistra e dello spauracchio di Lega e compagnia.

In definitiva, nulla di nuovo sotto il sole, ma il problema centrale sembra essere in realtà un altro: quello che non interessa agli strateghi di cui sopra. E nell’articoletto del GAS sta scritto nero su bianco.

Errare è umano. Perseverare è diabolico

«Ma il problema oggi per la Sinistra in Ticino non sono i contenuti: il problema è che ci sono nove parlamentari ticinesi di Destra a Berna e di Sinistra abbiamo una parlamentare sola.»

Una frase che incarna la totale assenza di cultura politica a cui è ridotto oggi il Partito Socialista: aveva tutti i torti un grande vecchio come Jean Ziegler, quando diceva che ormai il PS è un mero cartello elettorale, che non riesce nemmeno più a raccogliere un pugno di militanti per attaccare un paio di manifesti? Sembrerebbe proprio di no.
Possibile che in casa socialista non si prenda nemmeno per un attimo in considerazione il fatto che il progressivo declino del loro partito deriva proprio dall’assenza di contenuti, da un’endemica incapacità di comprendere la fase storica contingente, e dunque anche l’avvento – come la definisce qualcuno – della post-globalizzazione, la crisi in corso, e, in ultima analisi, il sentimento che vige nella stragrande maggioranza della popolazione?
Possibile che non capiscano che una forza politica pienamente imborghesita, che ha ormai assunto tutti i crismi di un perfetto partito liberale – e che dunque prende vita soltanto quando si parla di elezioni, di seggi e di percentuali – non può che suscitare credibilità ed entusiasmo pari a zero nelle classi sociali che stanno subendo questi anni difficili?
Possibile che continuino a non capire – per ridurre il tutto ai minimi termini – che si può stare al Governo oppure all’opposizione, ma non in entrambe le posture contemporaneamente?
Non ricordano oppure fingono di non ricordare, che fino a 30 anni fa, quando la sinistra era molto più frammentata rispetto ad oggi, nei termini delle loro amate percentuali elettorali questa raggiungeva consensi molto più ampi rispetto ad oggi?
Si rendono conto che ciò avveniva perché quelle erano ancora sinistre che pensavano e realizzavano contenuti importanti, rappresentando ancora una maniera di far politica nel senso più alto del termine, ovvero coinvolgente, costruttiva, intelligente?

Una trama già nota per un epilogo scontato

Ma sopratutto, è mai possibile che non ci si renda conto che senza un ritorno alla centralità dei contenuti, alle problematiche più intime del paese reale, alla costruzione e al perseguimento di solide progettualità future per una sinistra che voglia tornare ad essere incisiva, il destino sarà in ogni caso segnato? E lo sarà aldilà dell’ampiezza, dell’etichetta o del leader che caratterizzano un’eventuale, nuova accozzaglia “progressista” finalizzata – a parole – ad «abbattere la maggioranza borghese». Antonio Gramsci – che la sinistra dovrebbe ricominciare a riscoprire – criticava le «pose eroiche»: figuriamoci che avrebbe scritto di un’ipotesi del genere, dai connotati e dai risvolti tutt’altro che romantici. E poi lo sanno tutti quale sorte toccò al Mucchio Selvaggio di Sam Peckinpah: pur in grande stile, finirono col morire tutti.

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