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“One Belt, One Road” – Una sinfonia, non un assolo

Sinistra.ch propone la traduzione – a cura di Aris Della Fontana – di un articolo (Chinese Marshall Plan analogy reveals ignorance, ulterior intentions) apparso su “Xinhua” nel marzo 2015, a firma di Wang Shang. Tale contributo evidenzia la radicale differenza tra il Piano Marshal statunitense (1948-1951) e l’iniziativa politico-diplomatica cinese denominata “One Belt, One Road”. 

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Definire “One Belt, One Road” quale versione cinese del Piano Marshall, denota, da parte di alcuni, una scarsa conoscenza fattuale, mentre, da parte di altri, intenzioni ulteriori, sostanzialmente strumentali.

Le iniziative messe in campo, in special modo la Nuova Via della Seta e la Via della Seta Marittima del 21° secolo, si differenziano  rispetto allo statunitense Piano Marshall sotto diversi aspetti, tanto che qualsiasi storico o analista politico serio considererebbe tale analogia una forzatura.

In primo luogo, per quanto concerne le motivazioni, le divergenze sono impressionanti. A differenza del politicamente diretto Piano Marshall, che contribuì allo strutturarsi della Guerra Fredda, le iniziative cinesi non si muovono sul solco dell’intensificazione d’un qualsiasi confronto-scontro. Esse, infatti, vengono condotte sulla base della convinzione secondo cui molti Paesi in via di sviluppo sono intenzionati a effettuare la propria crescita economica senza le limitazioni imposte dall’Occidente, e che un tale paradigma porta di beneficio alla Cina stessa.

La Cina non intende realizzare queste iniziative a proprio vantaggio, per tramite, concretamente, della formazione di un’alleanza in contrapposizione a un certo paese o a un qualsiasi gruppo di paesi. La Cina, men che meno, mediante queste manovre, ambisce a stabilire una supremazia in Asia e oltre.

Invero, attraverso queste iniziative, la Cina aspira, anziché ad intensificare i sentimenti antagonistici, a rafforzare lo sviluppo comune. Come sottolineato dal Presidente cinese Xi Jinping, tali iniziative rappresentano “un’enorme e inclusiva piattaforma destinata a combinare la rapida espansione dell’economia cinese con i benefici che tutte le parti coinvolte potranno fruire da tale processo di crescita”. Inoltre, mentre il Piano Marshall escluse i paesi comunisti e inasprì il conflitto tra Unione Sovietica e Occidente, le iniziative “One Belt, One Road” sono aperte a tutti i paesi che aspirano alla pace e allo sviluppo, e a nulla di più.

La seconda importante differenza va individuata nel fatto che le iniziative “One Belt, One Road” saranno congiuntamente intraprese da tutti i paesi partecipanti e, attraverso la cooperazione e la consultazione, andranno a produrre benefici altrettanto complessivi.

Se, da un lato, il Piano Marshall si rivelò cruciale affinché i paesi dell’Europa Occidentale si potessero risollevare dalle rovine della Seconda Guerra Mondiale, dall’altra, esso permise agli Stati Uniti di stabilire il sistema di Bretton Woods, ossia un paradigma dollaro-centrico che, praticamente, assicurò l’assoluto dominio da parte della valuta stelle e strisce. Ma la Cina non aspira a ciò. Come al solito, infatti, il Gigante Giallo cerca di delineare un contesto multi-polare, al cui centro stia il dialogo fra pari a proposito delle questioni internazionali all’ordine del giorno.

Questa impostazione, peraltro, è stata confermata dalle parole del Ministro degli Esteri cinese Wang Yi, il quale ha ricordato che le iniziative in questione non rappresentano un assolo, bensì una sinfonia musicata da tutte le parti interessate.
Nell’ambito di queste iniziative, infatti, la Cina agirà secondo i principi della consultazione allargata, del contributo congiunto e dei benefici condivisi. La Cina, inoltre, ha promesso di effettuare consultazioni a carattere paritario e di rispettare le scelte degli altri Paesi.
E, benché la Cina ha investito molto in queste iniziative, e ha fondato istituzioni quali l’Asian Infrastructure Investment Bank e il Silk Road Fund, essa non è in nessun modo intenzionata a imporre il proprio volere sugli altri Paesi.

Tutt’altro, la Cina sarà ricettiva nei confronti delle altre istanze partecipanti, assicurando trasparenza e apertura, inserendo le iniziative in questione all’interno delle strategie di sviluppo degli stessi partecipanti, e creando sinergie con i meccanismi di cooperazione regionale già esistenti.

In terzo luogo, mentre il Piano Marshall fu, in un certo senso, un piano d’emergenza che durò solo quattro anni, le iniziative “One Belt, One Road” accolgono progetti di lungo termine, condotti al fine di strutturare una comunità internazionale maggiormente integrata e meglio comunicante, nonché prosperante a livello economico e culturale.

Se, da un lato, la Cina è consapevole del fatto che, sostenendo campagne di questa portata, incontrerà difficoltà e battute d’arresto, dall’altro, è altrettanto conscia dei potenziali benefici che, per tutti i soggetti in gioco, ne potrebbero scaturire, e dunque ritiene che valga la pena perseguirli.

Di riflesso, l’impegno cinese per le iniziative in questione è sincero, e la pazienza inflessibile.

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