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Elezioni in Grecia: la storica avanzata delle sinistre e la vittoria di Syriza

Come ci si poteva attendere il 25 gennaio 2015 tutti gli occhi del mondo erano puntanti sulle elezioni parlamentari che si stavano svolgendo nella piccola Grecia. L’aspetto chiaramente più discusso e analizzato era la probabile vittoria della “Coalizione della Sinistra Radicale”, meglio nota con l’acronimo SYRIZA. Questo soggetto politico nacque nel 2004 come coalizione ideologicamente eterogenea, la quale riuniva al suo interno gli eurocomunisti di Synaspismós, i maoisti del KOE, i trozkisti del DEA e altre formazioni ecologiste e socialiste, solo nel 2012 si costituì in partito unico.

Un primo aspetto da sottolineare, per quanto riguarda i risultati usciti dalle urne, è la netta sconfitta dei partiti che, supinamente in questi ultimi anni e sotto le pressioni del grande capitale europeo, hanno accettato di applicare rigide politiche basate sull’austerità, avendo come unico risultato il progressivo peggioramento delle condizioni di vita del popolo greco. Il principale partito di centro destra “Nuova Democraziaottiene il 27,81% dei voti, attestandosi lontanamente come seconda forza politica del paese. L’altro partito filo-europeista il PASOK, sezione greca dell’internazionale socialista, continua il suo crollo elettorale raggiungendo il 4,68%, perdendo dal 2009, quando si attestò sul 43%, più di due milioni di elettori. La seconda tendenza da rilevare è lo straordinario avanzamento delle forze di sinistra, da un lato SYRIZA di Alexis Tsipras, in linea con i sondaggi,  vince le elezioni con il 36,34% ottenendo 149 deputati, non raggiungendo però la maggioranza assoluta, dall’altro il combattivo KKE (Partito Comunista Greco) conquista il 5,47%, aumentando di circa 60.000 voti e passando da 13 a 15 deputati eletti.

Superati però i clamori e gli entusiasmi di questa vittoria, si è presentata in tutta  la sua drammaticità la necessità di dare vita a un nuovo governo per porre fine alle politiche di impoverimento e immiserimento ordinate dalla Troika (Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale). Il 26 gennaio infatti nasceva dall’accordo tra SYRIZA e ANEL, piccolo partito nazionalista, contrario all’austerità ed euroscettico, un nuovo esecutivo guidato da Alexis Tsipras. Dopo aver incassato il rifiuto dei comunisti per la costituzione di un governo delle sinistre, l’unica strada realmente percorribile, per evitare di scendere a patti con gli screditati social democratici del PASOK, era dare vita a questo strano ibrido politico, che ponesse come denominatore comune l’euroscetticismo e l’opposizione alle politiche della Troika. Questa decisione che potrebbe apparire a molti incomprensibile deve essere analizzata sempre in stretta relazione al comportamento tenuto dal Partito Comunista Greco, il quale già prima delle elezioni per bocca del suo segretario  Koutsumpas tuonava: “Il KKE afferma chiaramente che sarà presente in un governo in cui il popolo assuma il potere nelle sue mani, un governo che socializzi immediatamente la ricchezza e allo stesso tempo si disimpegni dalla UE e dalla NATO, le quali impediscono un percorso di sviluppo favorevole alle persone e mettono in pericolo i diritti sovrani del popolo e del paese. Un governo che abolisca immediatamente i memorandum, la relativa legislazione e cancelli il debito unilateralmente”. A discapito però delle prime positive decisioni attuate dal nuovo governo come il blocco delle privatizzazioni, l’aumento del salario minimo e il reintegro dei dipendenti pubblici il cui licenziamento è stato giudicato incostituzionale, le diverse posizioni, e inevitabilmente i programmi elettorali tra i due partiti, rimangono ancora molto pronunciate. Mentre i comunisti greci si fanno portatori, a discapito delle critiche di settarismo e dogmatismo, di una linea politica netta, di scontro con l’UE e le più alte sfere del potere capitalistico, SYRIZA, in quanto membro della Sinistra Europea, sembra ancora muoversi nella falsa illusione di una possibile trasformazione dell’Unione Europea.

“La spinta propulsiva” della vittoria in Grecia ha comunque suscitato un generale entusiasmo nel panorama della sinistra europea,  generando anche un grottesco appoggio trasversale di uomini politici, che o da decenni hanno abbracciato integralmente la dottrina liberista oppure che dall’esigenza di mantenere posti di potere aspettano l’eroe straniero da sfruttare per recuperare un po’ di visibilità. Contrariamente a questa esaltazione acritica, un’altra e forse ancora più pericolosa posizione si sta diffondendo tra gruppi minoritari della sinistra comunista, facendo astrusi paragoni, questi augurano apertamente il fallimento del governo di Tsipras, dimenticando come questa possibilità non aprirebbe le porte alla rivoluzione proletaria, ma molto probabilmente a un riflusso reazionario, magari diretto e rafforzato dal partito apertamente nazista di Alba Dorata, terza forza politica del paese.

Evitiamo coscientemente una definitiva valutazione del nuovo governo greco sapendo che a breve esso e tutto il popolo ellenico sarà posto di fronte a un bivio: o accettare una minima rinegoziazione del debito e portare avanti una politica di austerità magari un po’ temperata oppure rompere la gabbia d’acciaio dell’unione monetaria e avventurarsi nell’ostica lotta di riacquisto della sovranità nazionale, magari in compagnia delle nazioni emergenti, le quali sarebbero sicuramente ben disposte a prestare l’aiuto necessario.

Fabio Scolari

Fabio Scolari

Fabio Scolari, classe 1995, dopo aver conseguito la maturità liceale, studia attualmente sociologia a Milano. Oltre a Sinistra.ch, collabora anche alla redazione del mensile “Voci del Naviglio”. E’ membro del direttivo dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (ANPI) di Trezzano.

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