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Giovani comunisti spagnoli fondano il Partito del Lavoro Democratico (PTD)

E’ nato da poco in Spagna il Partito del Lavoro Democratico, in sigla PTD. I suoi promotori sono perlopiù giovani e giovanissimi che provengono da esperienze diverse sempre nell’ambito del movimento comunista spagnolo. La nostra redazione ha fatto una chiacchierata con il suo segretario generale, il compagno David Comas Rodríguez.

Ci puoi raccontare brevemente la storia del PTD e quanto esso è radicato sul territorio?

images-7Il Partito del Lavoro Democratico è una organizzazione marxista-leninista che è sorta come conseguenza del malcontento causato dalla dispersione del movimento comunista spagnolo. Il PTD è formato da militanti che si sono opposti alle derive opportuniste sia di destra sia di sinistra attualmente dominanti nel movimento operaio e convinti che actualmente non esiste una forza politica in Spagna che possa essere definita un “partito della rivoluzione”. In questa dinamica il PTD si vuole come un progetto di riaggregazione dei vari comunisti dello Stato spagnolo e che ammette onestamente di essere un distaccamento in più all’interno della dispersivo movimento comunista spagnolo, ma che si impegna di ricostruire il necessario partito della classe operaia spagnola. Questo impegno sarà affrontato alla prossima conferenza di unità comunista che celebreremo a Madrid il sabato 5 aprile, dove il PTD si unirà con la “Union Proletaria” e gli ex-Collettivi dei Giovani Comunisti di Castilla La Mancha. Questa fusione non ricostituirà il partito di cui abbiamo detto, ma permetterà di avanzare in questa direzione e continuremo ad avere relazioni con vari altri distaccamenti interessati a costruire tale partito rifuggendo dall’opportunismo riformista e dal dogmatismo settario. Il PTD dispone di gruppi nelle regioni di Madri, Castilla-La Mancha e nelle Asturie, inoltre stiamo svilppando organizzazioni in altre regioni come le Isole Canarie, l’Andalusia e Cantabria.

Voi siete a favore del separatismo etnico contrario all’integrità dello Stato spagnolo come ad esempio rivendicano i baschi?

Anzitutto ci interessa chiarire che in Spagna le contraddizioni sono eminentemente nazionali e non etniche. E anche se alcuni settori politici di qualche nazionalismo (come ad esempio quello basco) alludono in maniera interessata alla questione etnica, il problema è in realtà fondamentalmente politico e orbita intorno alla formazione di organismi politici nazionali all’interno del medesimo Stato. Questo è importante per mettere a fuoco il fondamento della contraddizione e capire come risolverlo in modo adeguato. Da parte nostra crediamo che sia meglio mantenere l’unità della classe operaia invece di disperderla in una moltitudine di Stati, anche se il diritto all’autodeterminazione delle nazioni resta un diritto democratico che va garantito. Nella seconda metà di quest’anno si svilupperà un processo che probabilmente genererà una grande controversia politica, cioè il referendum per l’autodeterminazione della Generalitat di Catalunya. Tale referendum è stato subito attaccato dai partiti dell’oligarchia e dallo Stato spagnolo. La nostra posizione è che questo referendum è un diritto da difendere ma ci esprimiamo affinché la classe operaia rimanga unita nella lotta con la classe operaia del resto dello Stato per costruire il socialismo. E’ una situazione complicata che possiamo sintetizzare così: difendere il diritto all’autodeterminazione ma nel contempo combattere le posizioni borghesi e piccolo-borghesi che usano gli ideali del nazionalismo catalano per separare la lotta della classe operaia catalana da quella che si sviluppa nel resto dello Stato e lavorare affinché la classe operaia catalana si separati dalla direzione ideologica di alcuni settori padronali favorevoli a loro volta all’indipendenza.

Parliamo di Unione Europea. Quale è la vostra posizione in merito?

Noi crediamo che la Unione Europea sia una struttura sopranazionale creata in base alla fusione degli interessi economici e politici dei principali gruppi oligarchici del continente. Tale struttura è complessa è duale e riunisce gli interessi delle diverse potenze imperialiste di primo e secondo ordine, include anche i paesi a cui sono indirizzate l’esportazione di capitali e contro cui si sviluppa il saccheggio di alcune nazioni imperialiste (come potrebbe essere il caso alcuni paesi dell’Europa orientale rispetto all’imperialismo tedesco). Per noi la Spagna è un paese imperialista di secondo ordine, la UE genera un doppio processo sia di coesione con altre potenze imperialista sia di dipendenza dalle stesse. In primo luogo l’UE serve al capitale finanziario spagnolo per meglio situarsi su scala internazionale, assicurare i propri interessi in Africa e America latina e creare alleanze mutue con i gruppi oligarchici in altri paesi più forti (come Francia o Germania). La UE serve come polo imperialista al quale la Spagna partecipa per assicurarsi una parte della divisione del mondo. In secondo luogo la UE si traduce in saccheggio per le nazioni oppresse e dipendente dalla Spagna, nonché l’impoverimento della nostra classe operaia. Per noi la UE è incompatibile con i diritti della maggioranza del nostro popolo. Noi crediamo nella pedagogia rivoluzionaria mediante un metodo deduttivo, attraverso il quale riteniamo che non basta segnalare che l’UE non ci conviene, ma mostrare piuttosto mediante i fatti che l’UE impoverisce il popolo spagnolo mentre beneficia i grandi gruppi oligarchici alleati degli altri stati imperialisti europei.

Il Partito Comunista Spagnolo (PCE) euro-comunista ha iniziato a mettere in discussione criticamente l’UE. Ci saranno forse future collaborazioni fra voi e loro?

Noi vogliamo collaborare con tutti coloro che possano contribuire a sviluppare la lotta facendola avanzare in senso progressista. In questo caso siamo disposti a collaborare nei fronti uniti in cui confluiamo e nell’arena politica con tutti i militanti del PCE e il suo movimento giovanile che siano critici sull’UE. Questa collaborazione sarà però sempre accompagnata dalla nostra critica agli errori della loro linea che sta favorendo lo sviluppo di un progetto politico socialimperialista come il partito della Sinistra Europea (SE). Siamo coscienti che la base di questo partito non è omogenea e che in essa convivono molti settori critici con la sua linea politica attuale e che attuano il marxismo-leninismo. La nostra attitudine è quella di non chiudere le porte a nessuno e ritenere un successo ogni passo avanti che queste posizioni potranno avere all’interno del PCE. Noi applichiamo la consegna “unità e indipendenza”: unità con le forze che contribuiscono all’avanzata della lotta operaia e nel contempo indipendenza per poter diffondere le nostre posizioni, la nostra critica e la nostra analisi marxista-leninista della situazione.

In Spagna ci sono molti altri partiti che si ispirano al marxismo-leninismo come il PCPE, il PTE oppure il PCOE. Quali sono le differenza fra voi e loro?

La nostra esperienza deriva dalla volontà di affrontare le varie espressioni di opportunismo di destra o di sinistra nel nostro paese. Sotto il titolo di “marxismo-leninismo” sono nascoste molte posizioni che potrebbero essere descritte come settarie e dogmatiche. Gran parte del revisionismo filo-sovietico riciclato, il dogmatismo ideologico o anche un semi-trotskismo sommerso si cela nell’accezione di “marxismo-leninismo” e il culto della Rivoluzione d’Ottobre viene visto come un modo per contrapporsi alla deriva opportunista di destra come nel caso della svolta euro-comunista del PCE. La nostra comprensione del marxismo-leninismo rifugge dal ripetere slogan vuoti e non vogliamo nemmeno aspirare ad essere la “voce di sinistra” del sistema politico esistente. Per noi il marxismo-leninismo è l’uso della scienza del socialismo per trovare le formule giuste alle nostre circostanze attuali. Ciò significa capire lo stato d’animo delle masse e l’obiettivo strategico necessario per inquadrare la lotta della classe operaia spagnola. Noi non vogliamo separarci dalle masse popolari dirette dal riformismo immaginando che queste, ascoltando “grandi verità”, verrano a noi. Noi preferiamo praticare la tattica del “Fronte Unico” con il quale rafforzare le posizioni del Partito e ampliare la nostra capacità di influenza teorica e ideologica nell’ambito del movimento popolare e articolare così un progetto indipendente della classe operaia capace di confrontarsi con la dittatura dell’oligarchia finanziaria. Facciamo nostro lo slogan di altri partiti comunisti europei, ossia essere fermi nei principi e flessibili nella tattica.

Per i comunisti il tema del lavoro è importante. I sindacati spagnoli sono però controllati perlopiù da settori riformisti. Qual è la linea sindacale del PTD?

BANNER-sanidad-WEBLa linea sindacale ha un vincolo stretto con la linea del fronte unito spiegata prima. Certamente i sindacati spagnoli sono sottoposti a direzioni riformiste (in alcuni casi addirittura a settori legati all’oligarchia finanziaria). Potremmo dire – facendo riferimento al leninismo – che sia i sindacati Comisiones Obreras (CC.OO) e Union General de Trabajadores (UGT) sono controllati da una direzione reazionaria. La realtà è che la posizione della classe operaia nel nostro paese è molto debole. Milioni di lavoratori si trovano inquadrati, formalmente o informalmente, nei grandi sindacati, molti altri sono iscritti a sindacati minoritari o settoriali e una parte consistente che non va dimenticata non è nemmeno sindacalizzata. La nostra proposta è quella di costruire l’unità sindacale. Per questo abbiamo definito come nostra linea sindacale la necessità di intervenire in tutti quei sindacati che sono rilevanti nella lotta operaia in ciascun particolare contesto. Per le loro caratteristiche di forte radicamento in tutto lo Stato e nel movimento operaio in linea di principio interveniamo soprattutto in CC.OO e UGT, poiché lì sono organizzati la maggior parte dei lavoratori, tuttavia favoriamo anche l’intervento in sindacati che sono maggioritari in una regione specifica, in un settore oppure in un particolare conflitto locale. Ad ogni modo il criterio non è tanto il numero di affiliati che un sindacato ha, quanto piuttosto la relazione di quest’ultimo con il livello di combattività nel contesto lavorativo nel quale desideriamo attivarci. Dobbiamo essere capaci di analizzare ciascuna situazione e combinare i criteri di affiliazione e di combattività per saper intervenire in quegli ambiti che facilitano lo sviluppo della lotta della classe operaia e che fortificano la sua capacità di azione sindacale. Risolvere il problema dell’egemonia riformista nei sindacati non è possibile né separandosi da essi né entrando in questi come singoli sindacalisti che si dissolvono nelle loro strutture. Noi crediamo che i comunisti debbano organizzarsi nei sindacati per conquistare la fiducia del resto dei lavoratori facendoli allontanare da posizioni riformiste o reazionarie e avvicinandoli alla nostra linea rivoluzionaria. Il compito dei comunisti è di organizzare la lotta di classe in seno ai sindacati, fortificando i settori più combattivi e coerenti, isolando invece quelle espressioni politiche piccolo-borghesi e l’aristocrazia operaia. Il nostro slogan in ciascun sindacato nel quale lavoriamo è di “rendere prioritaria l’unità della classe operaia di fronte alla dispersione sindacale”. Per questo una delle cose che favoriamo nella nostra tattica sindacale è quella di spingere per convocare assemblee sui posti di lavoro aperta a tutti i lavoratori indipendentemente se sindacalizzati o meno.

Voi siete un partito composto principalmente da giovani. Come si lavora fra i giovani? Avete forse sviluppato una linea di massa sulla gioventù?

Estudiantes-y-trabajadores-presentan-el-Partido-del-Trabajo-Democrático-en-Ciudad-RealIl grosso della nostra esperienza giovanile è legata allo sviluppo del movimento studentesco e per la nostra prossima Conferenza stiamo preparando un dibattito sulla linea di massa che vogliamo applicare per il lavoro politico fra la gioventù. Abbiamo varie posizioni, ma tutte si orientano a costruire un fronte giovanile che conservi la sua indipendenza organizzativa rispetto al partito, per quanto esso sia legato alla direzione politica di questo. Non dobbiamo confonderci con l’idea comune secondo la quale l’organizzazione giovanile debba essere un’estensione del Partito: quest’ultimo deve sempre conservare la sua indipendenza e la struttura giovanile deve avere un carattere di massa, ma in uno spazio politico a parte diverso da quello del Partito. Una delle linee di intervento fondamentali secondo noi è il movimento studentesco, del quale sosteniamo la lotta per le rivendicazioni politiche ed economiche dei giovani e per una educazione pubblica, costruendo strutture di lotta che permettano di concretizzare queste rivendicazioni. In quest’ottica siamo impegnati per sviluppare un’organizzazione studentesca diffusa su tutto il territorio spagnolo che abbia un’ampia capacità di incorporare la gioventù che lotta per i propri diritti di studenti.

Una questione importante per i giovani è il servizio militare obbligatorio. Mentre in Austria i comunisti lo volevano mantenere per evitare la professionalizzazione delle forze armate, in Svizzera i comunisti chiedono invece di abolirlo poiché lo ritengono un massiccio strumento di controllo sociale e indottrinamento. Voi siete a favore del servizio militare obbligatorio?

In Spagna il servizio militare non è attualmente obbligatorio. Il fatto che la nostra formazione politica esiste da poco tempo e vista la poca attualità per noi di questo dibattito non ce ne siamo ancora occupati a fondo, però desidero esporvi il mio punto di vista personale. Secondo me l’abolizione del servizio militare obbligatorio è qualcosa di adeguato per le medesime ragioni che espongono i comunisti della Svizzera Italiana. Il servizio militare obbligatorio serve come strumento per controllare la società e indottrinarla, ma non solo: esso serve anche come nesso diretto fra l’istituzione fondamentale del controllo politico della borghesia, lo Stato, e l’intera popolazione. In Spagna questo ruolo è evidente, poiché nel nostro Paese l’esercito è una istituzione che nel suo sviluppo ha sempre rappresentato un filo di continuità rispetto al regime fascista franchista sino alla farsa costituzionale del 1978. Questo tema però permette di dibattere molto: molti comunisti affermano correttamente che la classe operaia necessita della propria indipendenza militare per poter compiere la rivoluzione. Senza dubbio però la militarizzazione che avviene con la leva obbligatoria in paesi a dominio borghese va a beneficio degli interessi dei grandi gruppi oligarchici che sono così facilitati a inquadrare ampi settori della classe lavoratrice affinché vadano a morire in nome di interessi che non sono i loro. Inoltre la libertà di scegliere se uno vuole o meno militarizzarsi è una lotta per una questione democratica per la quale secondo me i comunisti dovrebbero mettersi alla testa. Tuttavia crediamo che come partito del proletariato si debba anche fare un lavoro di agitazione e di propaganda fra i settori popolari presenti nell’esercito per attrarli sulle nostre posizioni.

Parteciperete alle primarie di PODEMOS. Di che cosa si tratta e perché partecipate alle stesse? Qual è la strategia elettorale del PTD?

virginia-candidata1PODEMOS è una proposta di candidatura popolare ampia avanzata da alcuni settori del mondo mediatico spagnolo e da alcune forze politiche autodefinitesi di sinistra. Ogni persona può presentarsi come candidato se la sua candidatura è avvallata da un gruppo di base che ogni collettivo può fondare. Allo stesso modo il programma è una conseguenza di una elaborazione collettiva di chiunque avesse voluto partecipare a tale procedura. La nostra decisione di partecipare alle primarie e all’elaborazione del programma di PODEMOS risponde alla nostra volontà di diffondere la nostra proposta programmatica. Abbiamo ritenuto che il carattere mediatico di PODEMOS così come il vincolo con molte persone attive nei movimenti sociali fosse una buona opportunità per articolare, senza rinunciare alla nostra indipendenza politica, una candidatura che potesse fungere da megafono per il nostro programma. E’ stata una tattica vincente poiché vari settori dei movimenti sociali e sindacali ci hanno contattato e abbiamo potuto intavolare discussioni sul nostro programma. Tuttavia noi abbiamo una chiara critica da rivolgere a PODEMOS: crediamo che al di là delle buone intenzioni della sua fondazione e delle illusioni che si fanno molti dei suoi partecipanti, in realtà si tratti di uno strumento di alcuni settori politici progressisti per costringere la burocrazia interna a Izquidera Unida (IU, la coalizione sviluppata intorno al Partito Comunista Spagnolo, NdR) a cedere spazi e quote istituzionali anche perché si prevede una crescita elettorale di IU nel 2015. Oltre a ciò non condividiamo molte considerazioni politiche delle organizzazione che partecipano a questa lista: senza rinunciare alla nostra indipendenza e alla nostra critica riteniamo però che occorra partecipare in ogni spazio dove si possa diffondere le nostre idee pubblicamente. Il nostro obiettivo non è eleggere qualcuno, ma utilizzare PODEMOS come mezzo di diffusione per raggiungere molte persone con il nostro programma. La nostra tattica elettorale è infatti va molto al di là di PODEMOS: essendo una organizzazione molto giovane non riteniamo di avere le capacità attualmente di presentarci alle elezioni europee e politiche, anche se non escludiamo di scegliere dei contesti comunali in cui candidarci per rafforzare il lavoro di massa sul territorio che già ora svolgiamo. La nostra linea generale è quella di fare appello alla unità popolare sulla base di un programma minimo contro l’offensiva dell’oligarchia e per i diritti economici e politici irrinunciabili del movimento operaio. A seguito di questa campagna per le europee faremo un’analisi di tutte le forze del campo popolare e analizzeremo nel dettaglio i punti forti e i limiti di ciascuna candidatura, chiamando a sostenere quelle che possono far avanzare le posizioni del movimento operaio.

In Cina è in corso un processo controverso chiamato “socialismo di mercato”. Secondo voi si tratta di qualcosa di simile alla NEP di Lenin, oppure è un normale processo di accumulazione primitiva di capitale secondo le indicazioni di Marx?

La questione Cina è uno dei temi che vogliamo discutere e studiare nella nostra organizzazione. Si tratta di una questione complessa in sé, vista la vastità geografica e demografica del paese e le deviazioni di sinistra e di destra che hanno caratterizzato la costruzione del socialismo nella Repubblica Popolare Cinese. In base alle informazioni che ci arrivano dal grande paese asiatico secondo noi è opportuno utilizzare una definizione partendo dalla formazione socioeconomica cinese e cioè quella di capitalismo di stato. E’ certo che l’attuale spettacolare sviluppo economico della Cina sarebbe impossibile senza le conquiste della rivoluzione nazional-democratica prima, e socialista poi, che hanno avuto luogo sotto la guida del Partito Comunista di Mao. Con questo processo diretto dai comunisti il popolo cinese ha conquistato la propria indipendenza nazionale e ha potuto nazionalizzare le principali forze produttive. Si tratta di conquiste chiaramente progressiste che permangono tutt’oggi e che hanno permesso, nonostante le crescenti disuguaglianze, di ridurre notevolmente la povertà. Osserviamo però anche fenomeni contrari a questa tendenza come le riforme privatizzatici di imprese pubbliche e il rafforzamento del ruolo del mercato. Fino al 1992 le riforme si consideravano un complemento alla pianificazione, ma dopo si è iniziato a parlare di “socialismo di mercato” secondo cui “lo Stato guida il mercato e il mercato guida le imprese”, il che indica il fatto che si tratti di capitalismo di stato. Più che una NEP prolungata ci sembra una Perestrojka prolungata e siamo preoccupati dalla crescente esportazione di capitali cinese non solo di aziende statali ma anche private che riescono a comprare imprese occidentali. In sintesi definirei la Cina un capitalismo di stato con elementi di socialismo e con una tendenza potenziale verso l’imperialismo, ma occorre prestare attenzione allo sviluppo della lotta di classe interna ed esterna al paese asiatico: a fianco delle crescenti lotte operaie (che sono sostenute da alcuni settori del Partito Comunista Cinese) esiste un imperialismo occidentale che sembra disposto a evitare in ogni modo che la Cina emerga come potenza.

La lotta per la pace e contro l’imperialismo è un tema importante per i comunisti. Non credete che i paesi BRICS possano essere un interessante freno all’espansionismo guerrafondaio dell’Occidente?

Il gruppo dei paesi BRICS è alquanto eterogeneo. Non tutti i paesi hanno una posizione talmente forte da permettere loro di opporsi efficacemente alla NATO. Nei casi di Brasile, India e Sud Africa il retaggio di dipendenza neocoloniale rimane. Ma i casi di Cina e Russia sono i più particolari, perché in essi vi sono state delle rivoluzioni socialiste vittoriose che non solo hanno portato all’indipendenza, ma hanno permesso la realizzazione di sistemi più o meno diversificati a livello industriale. Nel caso russo, inoltre, abbiamo l’eredità del complesso militare sovietico. Pertanto la Cina e la Russia sembrano avere condizioni più favorevoli per scalare la catena imperialista. Ma per essere in grado di raggiungere gli imperialisti devono rompere per forza l’egemonia dell’imperialismo statunitense. Ciò impone loro di seguire una prassi finalizzata alla cooperazione. Possiamo denunciare il loro compromesso con la NATO quando si astennero nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU in merito alla no-fly zone in Libia. Ma ciò che non deve essere fatto è porre sullo stesso piano l’imperialismo degli Stati Uniti con gli interessi geopolitici della Cina e della Russia, che possono invece venir utilizzati da movimenti e da governi che difendono la sovranità nazionale contro le aggressioni e il saccheggio. Questo si evidenzia nei casi come la Siria e il Venezuela. Non possiamo sconfiggere la borghesia in una sola volta e meno che meno con un movimento comunista e  anti-imperialista talmente indebolito dopo la sconfitta della guerra fredda. Dobbiamo concentrarci contro le forze imperialiste dell’asse euro-atlantico.

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