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Carceri in Ticino: da cambiare è la filosofia!

1469985_10152103302277650_909864793_nDopo il licenziamento di Fabrizio Comandini dal suo ruolo di direttore del Penitenziario cantonale si riapre, insieme al concorso per trovare il suo sostituto, anche il dibattito sulla qualità delle carceri in Ticino.

Già nel 2012 la Commissione nazionale per la prevenzione della tortura [CNPT] aveva avvertito, in un rapporto elaborato per la Confederazione, sullo stato critico dei centri penitenziari del nostro Cantone, mettendo in evidenza come spesso “il carcere non offre alcuna opportunità occupazionale ai detenuti” e che “di conseguenza questi ultimi trascorrono nella propria cella fino a 23 ore al giorno, il che, stando a quanto affermano molti di loro, si ripercuote negativamente sul loro stato psicologico.”
E tutto questo per un sistema penitenziario che secondo l’articolo 75 del Codice penale svizzero dovrebbe “promuovere il comportamento sociale del detenuto, in particolare la sua capacità a vivere esente da pena” e “favorire la reintegrazione nella società di queste persone”.
Senza dimenticare che alla Farera (il più grande centro penitenziario del nostro Cantone) gran parte delle persone che vi si trovano sono da considerare innocenti fino a prova contraria benché siano paradossalmente proprio quelle che si trovano nelle peggiori condizioni.

Una maggiore reintegrazione dei detenuti nella società non è però unicamente un’esigenza posta dalla legge ma anche la soluzione ai problemi di sovraffollamento delle carceri: cercando sempre di garantire l’integrità della società, bisogna puntare ad eliminare i pregiudizi che detenuti ed ex-detenuti subiscono, anche ingiustificatamente, oggigiorno.

Ma sembrerebbe che nel caso del Canton Ticino tale alternativa non venga presa in considerazione visto che, sempre nel rapporto della CNPT, si mette in evidenza come spesso le “misure disciplinari non erano formalmente regolate” e di conseguenza “alcuni detenuti hanno trascorso troppo tempo in segregazione cellulare assoluta” superando largamente le condizioni ritenute umane.
La mancanza di una regolamentazione fissa e di una buona divisione delle mansioni in seno alle prigioni ticinesi sembra essere all’ordine del giorno. Si era infatti costatato già nel 2012 come mancasse in esse del personale medico qualificato e come spesso le cure infermieristiche venissero effettuate da personale non formato specificamente a tale scopo.
Le soluzioni però tardano ad arrivare ed ancora oggi si deve rivendicare che il servizio sanitario delle carceri venga incluso nel sistema ospedaliero cantonale e che non si continui sulla strada della formazione interna, evitando così di aumentare la mole di lavoro, assegnando al personale carcerario lavori per i quali non è né formato né pagato.

I lavoratori dei penitenziari non solo si trovano oggi sovraccaricati di mansioni a loro non proprie, ma con il nuovo piano elaborato per ordine del Consigliere di Stato Norman Gobbi e presentato qualche giorno fa, saranno anche messi ulteriormente sotto pressione attraverso un sistema di valutazione del personale e l’introduzione di un sistema di bonificazioni al merito.
Le vera soluzione passa in realtà da una migliore formazione degli agenti di sicurezza, orientandola sull’ambito sociale, ma soprattutto da un cambiamento di filosofia nella gestione della sicurezza, perché non è con la repressione che diminuiranno i crimini, ma è semmai con un maggior lavoro attraverso la prevenzione e la sensibilizzazione. In questo modo ovvieremo al problema del sovraccarico di lavoro della magistratura e del sovraffollamento delle carceri.

Quello che va richiesto dunque al governo è di avere un riguardo particolare per le condizioni di vita e di lavoro sia dei detenuti che del personale carcerario al momento di scegliere il prossimo direttore del Penitenziario cantonale.
E, finalmente, di evitare di rifare l’errore di assegnare un ruolo di cotanta importanza e rilevanza ad una persona formata nel mondo economico, senza dover per forza andare a parare in quello militare.

Gianfranco Cavalli

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