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Fascisti, oligarchi ed espansione occidentale al centro della crisi ucraina

Quanto ci è stato raccontato delle proteste che attanagliano Kiev si dimostra lacunoso di fronte alla realtà dei fatti. Janosch Schnider ha tradotto per Sinistra.ch questo articolo apparso sul “The Guardian” di mercoledì 29 gennaio 2014. Sinistra.ch riporta il testo ritenendolo equilibrato e serio, non si sente però responsabile per tutti i contenuti dello stesso e rimanda a quest’altro articolo sull’Ucraina: link

Ci risiamo. Durante gli scorsi mesi le proteste di piazza in Ucraina sono state rappresentate dai media occidentali sulla base di un copione ben rodato. Da una parte gli attivisti per la democrazia, e dall’altra un governo autoritario. I manifestanti chiedono il diritto di entrare a far parte dell’Unione Europea, ma la Russia del presidente Vladimir Putin ha posto un veto contro questa occasione di ambire a libertà e prosperità.

Marcia neo-nazista contro il governo
Marcia dei neo-nazisti di Svoboda contro il governo

È un racconto a cui abbiamo assistito in più forme, ripetutamente – non da ultimo il caso della rivoluzione Arancione di una decade fa, supportata dall’Occidente. Ma questa visione si dimostra lacunosa a fronte della realtà dei fatti. L’entrata nell’Unione Europea non è mai stata – e verosimilmente non lo sarà mai – un’ipotesi per l’Ucraina. Come in Egitto il presidente che i manifestanti vogliono deporre è stato eletto attraverso una competizione elettorale giudicata regolare dagli osservatori internazionali. E non si può certo dire che molti di questi manifestanti siano animati da una particolare passione per la democrazia.

La maggior parte dei reportage hanno tralasciato di mettere in evidenza il fatto che gli ultra- nazionalisti e i fascisti sono stati i protagonisti della protesta e degli attacchi alle sedi governative. Uno dei tre principali partiti d’opposizione alla testa delle manifestazioni è la destra dura e antisemita di Svoboda, il cui leader, Oleh Tyahnbok, sostiene che la «mafia giudaico-moscovita» controlla l’Ucraina. Ma il senatore statunitense John McCain non si è certo posto problemi nel condividere recentamente con lui il palco a Kiev. Il partito in questione, al potere nella città di Lviv, ha recentemente guidato una fiaccolata in memoria del leader fascista ucraino Stepan Bandera, che nel corso della Seconda Guerra Mondiale si era distinto per essersi battuto a fianco dei nazisti, prendendo attivamente parte al massacro degli ebrei.

Manifestanti fascisti contro la polizia
Manifestanti fascisti contro la polizia

Così, nella settimana in cui veniva commemorata la liberazione di Auschwitz da parte dell’Armata Rossa, in quanto Giorno della Memoria dell’Olocausto, i sostenitori di coloro che avevano aiutato nel perpetrare tale genocidio venivano acclamati dai politici occidentali nelle piazze dell’Ucraina. Ma Svoboda è ora affiancata nelle proteste da gruppi ancora più estremi, come “Right Sector”, che chiede una «rivoluzione nazionale» e minaccia una «guerriglia armata urbana prolungata».

Non che loro abbiano molto tempo per l’UE, che ha fatto pressing sull’Ucraina per la firma di un accordo d’associazione, offrendo prestiti per l’austerità come parte di una campagna promossa dalla Germania per aprire il mercato ucraino alle aziende occidentali. È stato l’abbandono, da parte di Viktor Yanukovych, dell’opzione UE – a seguito dell’offerta da parte di Putin di un aiuto di 15 miliardi di dollari – a scatenare le protesta.

Il segretario comunista Simonenko
Il segretario comunista Simonenko

Ma gli ucraini sono profondamente divisi, sia per quanto riguarda l’opzione dell’integrazione europea, sia in relazione alle proteste – che si strutturano in buona parte lungo un asse che contrappone il sud-est del paese, in larga parte russofono (dove il Partito Comunista raccoglie ancora un significativo consenso: leggi) e l’ovest del paese, tradizionalmente nazionalista. Le industrie si collocano nell’est: dipendono dal mercato russo e sarebbero schiacciate dalla competizione che vigerebbe nel mercato europeo.

È questa la storica linea di frattura, nel cuore dell’Ucraina, che l’occidente sta cercando di sfruttare, sin dagli anni ’90, allo scopo di ridurre l’influenza russa, incluso un tentativo concertato di portare l’Ucraina nella NATO. I leader della rivoluzione Arancione si sono spinti ad inviare truppe ucraine in Iraq e in Afghanistan come contentino in tale ottica.

L’espansionismo NATO verso est fu arrestato dalla Guerra di Georgia del 2008 e dalla successiva elezione di Yanukovych, sulla base di una politica di non allineamento. Non ci sono però dubbi sul fatto che lo sforzo proferito nel corteggiamento dell’Ucraina da parte dell’Unione Europea sia strettamente connesso con la strategia militare occidentale, ribadita oggi dal Segretario Generale della NATO Fogh Rasmussen, che ha dichiarato che l’effimero patto con l’Ucraina sarebbe stato «un impulso decisivo per la sicurezza Euro-Atlantica».

Il che aiuta a spiegare lo zelo di politici come John Kerry e William Hague nel condannare la violenza della polizia ucraina – che ha già subito diverse perdite – i quali si sono invece confinati nel silenzio per quanto riguarda l’uccisione di centinaia di manifestanti egiziani, dal colpo di Stato dell’anno scorso.

Janukovich, contro l'UE e la NATO!
Janukovich, contro l’UE e la NATO!

Non è però che Yanukovych possa essere scambiato per chissà quale progressista. È stato massicciamente supportato da oligarchi miliardari, che hanno affermato il loro controllo sulle risorse e privatizzato i beni statali dopo il collasso dell’Unione Sovietica – finanziando al contempo politici d’opposizione e manifestanti. Infatti una delle interpretazioni delle problematiche con cui è confrontato il presidente ucraino risiede nel fatto che gli oligarchi insediatisi ne abbiano avuto abbastanza dei favori da lui garantiti ad un gruppo di “ultimi arrivati” conosciuto come «la famiglia» [l’entourage del leader ucraino].

C’è irritazione verso il dilagare di questa grottesca corruzione e disuguaglianza, per la stagnazione economica dell’Ucraina, che ha portato molti comuni cittadini a prendere parte alle proteste – oltre che l’indignazione per la brutalità della polizia. Come la Russia, l’Ucraina è stata ridotta sul lastrico dalla terapia shock neoliberale e dalle privatizzazioni di massa dell’era post-sovietica. In cinque anni è stata persa più di metà del prodotto interno lordo del paese, ancora pienamente da recuperare.

Ma neppure la principale opposizione e i leader della protesta offrono alcuna sorta di genuina alternativa, e tantomeno una sfida all’oligarchia che tiene in pugno l’Ucraina. Yanukovych ha ora fatto ampie concessioni ai manifestanti: licenziando il Primo Ministro, invitando i leader dell’opposizione ad entrare a far parte del Governo e cancellando le leggi anti-protesta varate di recente. Se ciò frenerà o alimenterà i disordini sarà presto chiaro. Ma il rischio che il conflitto si espanda – figure politiche di punta hanno evocato la guerra civile – è serio. Ci sono altri passi che potrebbe aiutare a stemperare la crisi: la creazione di un’ampia coalizione di Governo, un referendum sulle relazione con l’Unione Europea, il passaggio da un sistema presidenziale ad uno parlamentare e un rafforzamento delle autonomie regionali.

La disgregazione dell’Ucraina non sarebbe un affare meramente ucraino. Insieme all’emergere della sfida cinese al dominio statunitense sull’Asia orientale, la linea di frattura ucraina ha il potenziale di attirare potenze esterne, e di condurre ad uno scontro di natura strategica. Solo gli ucraini possono andare oltre questa crisi. Promuovere interferenze esterne risulta al contempo provocatorio e pericoloso.

Seumas Milne

  • Illustrazione di Matt Kenyon: la linea di frattura ucraina ha il potenziale di attirare potenze esterne, e di condurre ad uno scontro di natura strategica 

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