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New York non ci crede, ma De Blasio deve provarci

New York. Per molti è una città mitica, ma perché si muovono solo dentro Manhattan, che per altro io – visitandola quasi un decennio fa – ho trovato terribile. Esci da Central Park e per quattro ore puoi camminare lungo una delle Avenue che portano a Wall Street senza mai incontrare un albero. Cemento, cemento, e poi cemento e ancora cemento. Una colata impressionante. Solo nei quartieri di Soho e Greenwich si possono trovare alcuni sparuti alberelli. Pure i dintorni del teatro di Broadway sono tristi, con palazzi mastodontici, quelli sovietici al confronto sono poca cosa, con dentro gli appartamenti numerati come se si trattasse di un albergo, per altro piccoli e carissimi.

Ma New York non è solo Manhattan, è anche Brooklyn, dove vive il neo-sindaco De Blasio, Queens, Staten Island, Harlem e il Bronx.

Dieci milioni di abitanti stipati in pochi chilometri quadrati. Ben quattro di questi vivono sotto la soglia di povertà e sono spesso senza lavoro. Oltre 50mila persone, ma le stime sono difficili e probabilmente sono molte di più, dormono per strada e mendicano qualcosa da mangiare.

Alle ultime elezioni amministrative non è andato a votare nessuno, solo il 25% degli aventi diritto.

Da venti anni in città i repubblicani hanno imposto una forma velata di apartheid, se un povero cerca di uscire dal suo quartiere, anche solo per passeggiare nel resto della città, ha buone possibilità di essere arrestato. La polizia ha avuto il diritto di uccidere, sparare, fermare. Si è immaginato che le diseguaglianze e il disagio sociale non si potessero risolvere, ma solo contenere col pugno di ferro, le manette e le pistole. L’idea profondamente razzista è quella secondo cui il disoccupato non deve incontrare chi si mette la cravatta, perché il newyorkese con la cravatta e la carta di credito in tasca ne rimarrebbe spiacevolmente infastidito.

Il compito di De Blasio è quindi straordinariamente difficile. Italo-americano, sposato ad una afroamericana, amico dei sandinisti in gioventù, ha promesso inclusione sociale, diritti, casa, lavoro. Si troverà contro poteri forti, partito dell’ordine, grandi interessi speculativi. La sua impresa è titanica, al limite dell’impossibile. Vuole lavorare per i cittadini di Harlem e del Bronx, ma intanto quei cittadini, per il momento, non gli hanno creduto e hanno disertato in massa le urne. Ad Harlem e nel Bronx nessuno crede più alla politica, nessuno crede neppure a Bill De Blasio.

Tuttavia il futuro politico della Grande Mela dovrà essere seguito con attenzione. De Blasio ha due possibilità, far poco o nulla, bloccato dalle compatibilità politiche del suo partito, quello democratico, riducendosi a una variabile etnico – folkloristica dentro un’alleanza che si nutre di contaminazioni e alleanze coi poteri forti non meno dei repubblicani, oppure, almeno a New York, provare a scardinare questi meccanismi per offrire a milioni di suoi concittadini una possibilità, innanzitutto facendoli diventare cittadini, dopo troppi anni in cui sono stati degradati a problema di ordine pubblico per la sola e semplice ragione di esistere e vivere.

Davide Rossi

Davide Rossi

Davide Rossi, di formazione storico, è insegnante e giornalista. A Milano dirige il Centro Studi “Anna Seghers” ed è membro della Foreign Press Association Milan.

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