Anche una famiglia ticinese in una Svizzera armata fino ai denti

Andreas-ArnoldIl documentario ticinese di David Induni, Heritage (Fuori concorso) mostra la relazione che la Svizzera ha con le armi. Intervistando famiglie col fucile militare in casa, campioni olimpici di tiro, collezionisti, politici e persino ragazzini “responsabilizzati” per quello sparare, percepito come un semplice sport, “democratico”, perché aperto indistintamente a giovani e vecchi, Induni evidenzia l’attrazione di una parte della popolazione per le armi e le sue tradizioni.

La Svizzera risulta essere il terzo paese al mondo in fatto di possessori privati di armi. Il documentario sostiene che ciò sia dovuto a questioni di eredità, come suggerisce il titolo, che riprende le tradizioni mercenarie degli antenati agganciando il concetto della libertà individua le garantita solo se ci si può difendere.

Tra gli intervistati che più mettono in evidenza il rapporto estremo con le armi, c’è una famiglia ticinese amante delle armi e del tiro sportivo, della quale i genitori educano i loro figli già da piccoli a maneggiare armi, convinti che in questo modo si possano prevenire incidenti con fucili e pistole presenti in casa, rafforzare lo spirito di famiglia attraverso gite alle varie feste di tiro ed aiutarli nel miglioramento della loro concentrazione e il loro rispetto nei confronti degli altri. Vi sono poi interviste a politici come Ueli Maurer o Christoph Blocher che, con discorsi tenuti alle numerose feste di tiro e rievocazioni di battaglie storiche di patriottismo, elogiano queste celebrazioni e le armi ponendo l’accento sull’aspetto storico e patriottico.

Le diverse interviste, alternate a riprese del paesaggio svizzero da cartolina, mostrano una realtà talmente estrema, che quasi ci si chiede se non rendi il tutto controproducente. Visto che potrebbe far pensare agli spettatori che quelli che stanno vedendo siano solo casi isolati ben lontani dalla realtà. Pensando però al fatto che ci siano 175’000 iscritti alla federazione svizzera di tiro (terza federazione sportiva svizzera per numero di iscritti), sentendo i discorsi di ex e attuali consiglieri federali e tenendo conto dell’altissimo numero di armi in circolazione in Svizzera, ci si rende conto che non si tratta poi di una problematica così marginale ma che le armi presentano un problema ben diffuso in tutto il paese.

Verso la fine del documentario, la realtà estrema mostrata in precedenza viene bilanciata tramite l’intervista a Jean Ziegler, sociologo e politico svizzero, il quale oltre a sottolineare l’assurdità delle numerosissime armi in circolazione in Svizzera e i pericoli da esse derivate si sofferma anche sulla problematica delle esportazioni di armi, ricordando le armi fabbricate in Svizzera giunte in Sudamerica e utilizzate per l’assassinio di Che Guevara, e menzionando la RUAG che esporta armi in paesi in Guerra come Israele.

In conclusione, il documentario riesce a mostrare una realtà importante in Svizzera e, pur mostrando degli esempi estremi e non citando i numerosi incidenti e crimini commessi con le armi, porta lo spettatore a riflettere sull’assurdità della situazione che diventa ancora più attuale in questo periodo vista la votazione sull’abolizione della leva militare obbligatoria in settembre.

Andreas Arnold

Questo articolo è stato pubblicato originariamente su: TicinoLibero.ch

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