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Erdogan sta spingendo la Turchia alla rovina! Intervista esclusiva!

Intervista ad Aytekin Kaan Kurtul, membro dell’Avanguardia Giovanile (Öncü Gençlik) del Partito dei Lavoratori (İşçi Partisi, İP) e collaboratore del Dipartimento Internazionale dell’Unione della Gioventù di Turchia (Türkiye Gençlik Birliği, TGB)


1 – Secondo alcuni media occidentali la rivolta popolare in Turchia inizialmente era solo ecologica a causa del progetto di distruzione del Gezi Park; dopodichè, visto che oggettivamente non si trattava solo di quello, essa è iniziata ad essere definita una battaglia fra laici e islamisti. E’ davvero così? O sotto c’è qualcosa di più importante?

Per rispondere a questa domanda si devono innanzitutto analizzare l’identità sociale dei manifestanti e la struttura sociale-politica in Turchia. Sicuramente, il regime neoliberale di Erdoğan è una continuazione del regime oppressivo (ovvero, la cosidetta “Seconda Repubblica”) fondato dopo il colpo di stato eseguito dal generale filo-statunitense Kenan Evren nel 1980, dopo il quale tutte le riforme neoliberali sono state imposte alla società con la violenza o con il cosidetto “terrore giuridico” il quale ha creato una giurisprudenza assai repressiva che ha ristretto la sfera della libertà di espressione e della libertà di associarsi. Non sarebbe sbagliato dire che queste repressioni hanno raggiunto un livello impeccabile durante il regime di Erdoğan, il quale ha trasformato la Repubblica in uno stato di polizia (il quale non assomiglia neanche all’esperienza austriaca del 19esimo secolo, essendo fondamentalista e reazionario), tracciando i cellulari, usando una forza sproporzionata per reprimere le manifestazioni pacifiche e imprigionando politici, accademici e militari che si oppongono all’egemonia statunitense in Turchia e alle politiche guerrafondaie del governo in Medio Oriente, insieme a giornalisti indipendenti di varie provenienze ideologiche e politiche (infatti, fino al 2013 c’erano più di 100 giornalisti in prigione, adesso ce ne sono 70). Bisogna notare che la maggior parte di queste persone non è stata condannata definitivamente e alcuni stanno in prigione da più di cinque anni, sempre nell’assenza di una sentenza definitiva. Perciò si potrebbero chiamare questi processi delle “versioni postmoderne del Processo di Leipzig”.

Il nostro interlocutore: Aytekin Kurtul

Oltre alle politiche repressive, si parla sempre della flessibilizzazione del diritto del lavoro, ovvero della classica negazione liberale dei diritti del proletariato. La legalizzazione dei subappaltatori e il non riconoscimento della parità di retribuzione per la stessa qualità e quantità di lavoro hanno praticamente schiavizzato i lavoratori i quali non sono riusciti neanche ad opporsi a questi provvedimenti in un modo organizzato a causa della reppressione dei sindacati (infatti neanche gli scioperi gloriosi di Tekel, Şişecam, BMC e Turkish Airlines sono riusciti a riformare l’intero sistema). Peraltro, la vendita degli enti di diritto pubblico alle società multinazionali occidentali ha creato una disoccupazione grossa e ha privato il paese delle infrastrutture fondamentali, solo per il mantenimento della circolazione di moneta calda e l’arricchimento della cosidetta “nuova borghesia verde” (cioè islamica, ndr).

Oltre al proletariato, anche la piccola borghesia è stata colpita da queste politiche neoliberali, specialmente dopo l’entrata della Turchia nell’Unione Doganale dell’Unione Europea nel 1996 – senza far parte dell’Unione politica. Con questa “apertura”, la Turchia si è sottomessa ai diktat finanziari degli oligarchi dell’Unione Europea e l’abbassamento del livello doganale per i prodotti europei ha eliminato la piccola borghesia turca, aggiungendola alle masse impoverite. Alcuni “intellettualini” hanno aspettato un periodo di democratizzazione però la riposta degli europei è sempre stata: “beh, non ce ne frega se continuate a liberalizzarvi”. Era la strategia sbagliata anche per loro, sia nella sfera democratica, sia nella sfera economica (ma a chi pensano di vendere questi prodotti se il potere di acquisto continua a diminuire parallelamente con la crescita della disoccupazione?).

Quindi nella sfera dell’economia politica, si parla di una lotta di classe di doppio lato: quella tra il proletariato e la “nuova borghesia verde” (islamica, ndr) e quella tra la piccola borghesia nazionale e le società multinazionali che dominano i mercati domestici.

Tornando all’analisi banale della stampa occidentale riguardo allo “scontro tra i laici e gli islamisti”, direi che non si parla di uno scontro tra i cittadini ma di uno scontro tra una popolazione laica che si sente repubblicana e apprezza anche alcuni valori di tipo occidentale come la libertà di espressione, la separazione della religione dallo Stato, l’uguaglianza tra i sessi ecc. e un governo che, rifacendosi alla tirannia ottomana, vuole imporre delle riforme reazionarie e fondamentaliste alla società come vietare l’aborto e il consumo d’alcol e preparare un programma religioso anche per le scuole laiche. Quindi la lotta non è contro i conservatori poveri dell’Anatolia ma contro i burocatici fondamentalisti di Ankara, i quali sono sempre stati appoggiati dall’Occidente.

In sintesi, ci sono tre motivi principali dentro le manifestazioni: 1) Il carattere autoritario e reazionario del governo; 2) La lotte di classe tra il proletariato e la “nuova borghesia verde” e tra la piccola borghesia nazionale e le società multinazionali di provenienza occidentali e 3) gli attacchi ai valori repubblicani e laici condivisi da una gran parte della popolazione.


2 – In molti, anche a sinistra, in Svizzera si stanno stupendo di questa protesta popolare. Pare che sia nata dal niente e così per caso. Invece, noi di Sinistra.ch, avevamo già scritto (leggi) delle 300mila persone scese in piazza lo scorso anno a Istanbul nel totale silenzio degli altri media (anche di sinistra). Il malcontento, insomma, era nell’aria?

Una manifestazione del 2012 organizzata da TGB

Certo. Specialmente la parte laica della popolazione e il proletariato sono mobilitati contro il regime neoliberale-fondamentalista di Erdoğan sin dalle “Manifestazioni per la Repubblica” organizzate poco prima delle elezioni generali del 2007. In ogni manifestazione c’erano più di un millione di cittadini in piazza e le loro richieste erano ben “radicali”: una Turchia sovrana, una patria libera, uscire dalla NATO, mettere fine al processo di accesso all’Unione Europea e all’egemonia statiunitense, mantenere lo Stato laico, prevenire la presidenza di Abdullah Gül, nazionalizzare le banche, ecc. Non sorprendentemente, l’Occidente, per realizzare i propri scopi imperialistici, ha continuato a sostenere un governo che opprimeva la popolazione progressista in Turchia. Queste manifestazioni sono state seguite dal grande sciopero alla Tekel durante il quale migliaia di lavoratori sono scesi in piazza per combattere la privatizzazione delle imprese pubbliche e la legalizzazione dei subappaltatori. Sfortunatamente lo sciopero è stato represso violentemente, però esso è diventato pioniere per altri lavoratori nella continuazione della lotta operaia.

Negli ultimi anni, invece, l’Unione Giovanile di Turchia (tradotto anche come Unione della Gioventù di Turchia, TGB) e il Partito dei Lavoratori (İP) sono diventati i protagonisti delle manifestazioni di massa. Queste due organizzazioni sono state gli architetti della resurrezione delle feste repubblicane, le quali erano state soppresse durante il regime di Erdoğan. Quella manifestazione che hai menzionato, infatti, era una festa nazionale che celebrava l’inizio della lotta antimperialista da parte dei rivoluzionari kemalisti contro l’imperialismo britannico e la tirannia ottomana. Inoltre, sempre quella manifestazione, è diventata una riunione internazionalista delle forze antimperialiste e antisioniste nel mondo, come il Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina (il quale è un alleato storico del Partito dei Lavoratori İP), il Fatah, l’As-Saiqa, il Partito Ba’th Siriano, il Partito Nazionalista Sociale Siriano, l’Unione Nazionale degli Studenti Siriani, l’Unione della Gioventù Eurasiatica, Le Forze di Sinistra Titoiste della Macedonia e il Partito Comunista della Svizzera Italiana, con la partecipazione del gruppo leggendario cileno Inti-Illimani.

Sempre l’anno scorso, quasi mezzo millione di manifestanti guidati da TGB sono scesi in piazza per celebrare la Festa della Repubblica (il 29 ottobre), anch’essa soppressa dal governo per motivi ridicoli. E quest’anno abbiamo visto delle manifestazioni guidate dal Partito di Lavoratori (İP) e sostenute da altre correnti marxiste-leniniste come il Partito della Liberazione Popolare (HKP) davanti alla prigione di Silivri dove tanti politici e accademici di opposizione sono imprigionati. Migliaia di cittadini hanno partecipato ad ogni manifestazione e la polizia, come sempre, non ha esitato di usare la violenza. I kemalisti e i comunisti sono comunque ruisciti ad abbattere le barricate della polizia. Quindi, le manifestazioni recenti non sono una sorpresa per noi kemalisti e comunisti. Infatti sono un po’ in ritardo!


3 – Grazie ad Erdogan vi è stata una forte crescita economica nel Paese: così dicono i grandi media e numerosi professori di economia intervistati un po’ ovunque alle nostre latituduni. Come si spiega allora che la popolazione si ribelli?

Come ho già accennato nella prima risposta, la maggior parte della popolazione non ha testimoniato questo “arricchimento”; anzi, il livello di povertà è sempre cresciuto. Le politiche neoliberali, come in altre parti del mondo, hanno impoverito la maggior parte della popolazione e le privatizzazioni delle imprese pubbliche hanno contribuito alla crescita del livello di disoccupazione (la percentuale della quale rimane ancora a due cifre). Si può vedere questo fatto ampiamente anche nelle statistiche: il nostro disavanzo corrente attuale è più grande di quello greco e la privatizzazione dei costi non elimina l’esistenza dei deibiti (i quali sono passati da 42 miliardi di dollari a 226 milliardi di dollari), i quali vengono pagati sempre dagli operai, dai contadini e dalla piccola borghesia.

Possiamo aggiungere inoltre che il regime ha creato i propri ricchi. Durante il regime di Erdoğan sono emerse nuove famiglie di carattere oligarchico (chiamate “la nuova borghesia verde” nella prima risposta) le quali hanno giocato il ruolo della borghesia parassita, guadagnando dalle importazioni, dalle franchising e dalle factoring. Esse hanno anche una tendenza fondamentalistica, appoggiando le riforme reazionarie del regime.

Neanche la vendita delle banche nazionali alle banche europee è stata una soluzione a breve periodo perchè, ad esempio, la banca Yapı Kredi è stata venduta ad UniCredit mentre la Finansbank è stata venduta alla Banca Nazionale della Grecia! Sappiamo bene come stanno l’Italia e la Grecia dentro la struttura “democratica” dell’Unione Europea, no?

Tutto sommato, come in tutti gli altri esempi, le politiche neoliberali hanno approfondito la rupe tra le classi sociali e sono diventate alcuni dei motivi principali della rivolta.


4 – Abbiamo visto numerosi manifestanti esporre delle bandiere con l’immagine di Mustafa Kemal Atatürk, padre della Repubblica e del processo storico di modernizzazione del paese. Atatürk viene spesso visto come un ultra-nazionalista che ha negato i diritti delle minoranze e che ha introdotto la Turchia nel sistema capitalista mondiale. La situazione pare invece più complessa: cosa significa per la sinistra turca la figura di Mustafa Kemal?

Mustafa Kemal Atatürk come fattore unificante

Innanzitutto direi che non ci può essere una critica piu assurda di Mustafa Kemal però sfortunatamente io sento delle critiche ancora più stupide nella stampa Occidentale. Se bisogna dare un po’ di informazione biografica su Mustafa Kemal, o come lo chiamiamo noi, il Padre dei Turchi ovvero Atatürk, possiamo dire che egli è sempre stato un rivoluzionario progressista nella sua vita. Faceva parte del movimento progressista-protoliberale che ha rovesciato il tiranno Abdülhamit II e ha dichiarato la monarchia parlamentare, è diventato l’eroe di Gallipoli dove ha combattuto l’imperialismo britannico per la prima volta, poi si è separato dall’esercito ottomano (il quale era diventato un esercito fantoccio dopo l’occupazione di Istanbul da parte degli Stati Alleati della Prima Guerra Mondiale) e ha guidato la Guerra d’Indipendenza contro gli invasori britannici, francesi e statunitensi insieme ai loro alleati greci ed armeni. Durante la Guerra d’Indipendenza (e anche nel processo successivo) è stato un amico dell’Unione Sovietica e ha collaborato con il comandante sovietico Mikhail Frunze (la cui statua si puo’ vedere a Piazza Taksim, insieme a quella di Kemal) per mettere fine alle ribellioni di tipo feudale-etnico in Turchia e nell’Unione Sovietica.

Dopo la Rivoluzione, egli ha progettato una serie di riforme laiche e socialiste per modernizzare la Turchia, come la laicizzazione dell’educazione, l’interdizione delle sette religiosi, la costruzione di un’infrastruttura industriale in Turchia per la prima volta nella storia, il riconoscimento del diritto di partecipare alla vita politica delle donne (il quale è stato riconosciuto 12 anni prima dell’Italia e 38 anni prima della Svizzera) e la creazione di una nazione basata sulla cittadinanza. Durante il periodo rivoluzionario, l’industria pesante e le banche erano enti pubblici e nella politica estera i rivoluzionari kemalisti hanno sempre cercato di collaborare con i paesi confinanti/vicini (il Patto dei Balcani, il Patto di Sadabad) e l’Unione Sovietica (il Trattato di Amicizia e Fratellanza di Mosca, il Trattato di Kars). Il partito fondato dai rivoluzionari kemalisti, il Partito Repubblicano del Popolo (che era ben diverso dal partito attuale che ha lo stesso nome) era appoggiato dalla Terza Internazionale.

Quindi dalla figura di Mustafa Kemal noi percepiamo l’indipendenza, la sovranità nazionale, il laicismo, la modernità, l’antimperialismo, l’orgoglio di essere cittadini della Repubblica a prescindere dalle nostre identità etniche e la via turca al socialismo. Potete vedere chiaramente in ogni foto su qualsiasi giornale che questa visione o visioni simili sono condivise dalla maggior parte dei manifestanti.

5 – La sinistra turca è molto parcellizzata e marginalizzata, soprattutto dopo il golpe militare del 1980 guidato dal generale Evren. Ancora oggi in piazza abbiamo viste sigle diverse che fino a poche settimane facevano fatica a parlarsi assieme. Secondo te questo movimento offre delle possibilità alla sinistra di unificarsi?

Si, certamente. Noi abbiamo raccolto la spazzatura a Gezi Parkı insieme ai partigiani del Partito Comunista di Turchia (TKP), del Partito per la Libertà e la Solidarietà (ÖDP) e delle Case Popolari (Halkevleri), con i quali non potevamo raggiungere un accordo facilmente fino a questo movimento popolare. Ovviamente, anche i votanti del Partito Repubblicano del Popolo (CHP) hanno aderito alle manifestazioni e dopo aver visto lo sforzo dei comunisti in piazza, si sono radicalizzati anche loro – fino ad un certo punto.

I due principali partiti marxisti turchi

Sul piano ideologico, il Partito Comunista di Turchia ha cambiato la sua posizione riguardo alla bandiera turca e alla figura di Mustafa Kemal Atatürk, adottando una posizione favorevole. Noi abbiamo considerato questa mossa “un passo avanti” e abbiamo cercato di intensificare la collaborazione. Infatti il 7 luglio ha avuto luogo ad İstanbul la Festa della Resistenza e della Stampa Libera, organizzata dal Partito dei Lavoratori e dal Partito Comunista di Turchia e appoggiato dalla corrente antimperialista e di sinistra del Partito Repubblicano del Popolo. L’unione di queste tre forze progressiste ha mostrato che, a parte le differenze ideologiche, la sinistra turca potrebbe raggiungere un consenso nella lotta. Perciò possiamo dire che adesso abbiamo ragioni più concrete per sperare bene.

6 – Istanbul, Izmir, Ankara, Eskisehir hanno conosciuto enormi mobilitazioni popolari. Ma si tratta di grandi centri urbani. Cosa succede invece nelle periferie agrarie e nei piccoli centri urbani? Lì vive infatti il blocco sociale che vota e presumibilmente voterà ancora Erdogan.

Io sono stato ad Aydın per qualche giorno e adesso sto ad Ula, una piccola citta’ nella provincia di Muğla, e direi che anche i comuni più piccoli nella regione egea hanno testimoniato le manifestazioni più grandi nella storia. Qui si vede che i contadini hanno perso tutta la fiducia al governo, a causa delle politiche neoliberali che hanno portato alti tassi di interesse, più prodotti stranieri nei mercati domestici e più privatizzazioni nella sfera di educazione. Perciò alcuni cittadini nelle periferie egee non possono più permettersi di mandare i loro figli all’università e la regione egea è una delle regioni più ricche e più colte della Turchia! Non posso neanche immaginare la situazione in Anatolia Centrale – certo, si può sempre leggere di essa sui giornali ma testimoniarla è un altra cosa. Ecco perche’ il governo ha bisogno di manipolare la religione: per mantenere il potere politico. In questo senso, non sarebbe sbagliato dire che la religione viene usata come l’oppio delle masse affamate in Turchia.

7 – In Turchia in questi dieci anni di governo Erdogan è cresciuta una forte borghesia islamista. Ma vi è anche una forte borghesia kemalista-laica che solitamente si identifica con l’apparato militare e che vota i socialdemocratici del Partito Repubblicano del Popolo (CHP). Non c’è il rischio che se Erdogan cade, sarà sostituito dall’altra borghesia, certamente laica ma non meno legata all’imperialismo?

Allora, quella “forte borghesia kemalista-laica” non esiste nel senso che essa non è forte come nel passato. La maggior parte della piccola borghesia nazionale che ho menzionato poc’anzi fa parte di questa borghesia kemalista però essa non ha potuto concorrere con le società multinazionali negli ultimi vent’anni. Perciò si parla di una lotta di classe tra loro e i capitalisti finanziari che non è solo “ideologica” oppure “astratta” ma anche economica e concreta.

Il leader del CHP con il generale Başbuğ

Purtroppo i laici che appartengono alla categoria della “media borghesia” spesso hanno questa confusione e tenderanno a voler mantenere il sistema capitalista dopo aver sconfitto Erdoğan. Essi tradizionalmente sostengono il Partito Repubblicano del Popolo e pensano che si possano risolvere i problemi attraverso i diritti formali forniti dal sistema. Fortunatamente, anche loro hanno testimoniato una vita alternativa nella gloriosa Comune di Taksim, però i rapporti economici che hanno avuto nel nostro “ancien régime” (cioè la situazione precedente alla sollevazione del Gezi Park), in un senso, li costringono alla pigrizia sociale.

Durante la rivolta l’alta borghesia ha cercato di allontanare la media borghesia dalle piazze insieme ai manifestanti non politicizzati, dicendo che il movimento ha un “carattere spontaneo” e “i partiti non dovrebbero intervenire”. Questo sforzo è stato invano perchè i manifestanti non politicizzati hanno visto che le forze politiche, con le proprie risorse umane e economiche, sono riuscite a resistere in un modo più organizzato ed effettivo. Perciò, specialmente dopo la prima settimana, anche loro hanno teso di agire insieme alle forze politiche alle quali si sentivano vicini.


8 – Quali margini ci sono affinché il governo si dimetta? E secondo te è vero ciò che dice il Partito Comunista di Turchia (TKP) secondo cui non siamo di fronte a una situazione rivoluzionaria e non vi è al momento alcuna chance per la classe operaia?

Il governo presente è un governo che gode dell’esperienza repressiva dei suoi precedenti ed è riuscito a mantenere il potere politico grazie al finanziamento dei capitalisti finanziari, all’espansione della setta Gülen (la quale gode di una struttura mafiosa e dell’appoggio degli Stati Uniti e si diffonde come un virus nelle pubbliche amministrazioni), ai metodi distopici di sorveglianza e alla violenza che non esita mai di usare. Quindi non è molto facile distruggere questa catena di rapporti sanguinosi istantaneamente però è ovvio che il Popolo ha sconfitto la propria paura e agisce insieme contro ogni tipo di ingiustizia.

Detto questo, condivido parzialmente l’analisi degli amici del TKP nel senso che la lotta per la rivoluzione è una lotta di lungo periodo e non si può aspettare una rivoluzione dalle masse che non sono organizzate però a differenza di loro noi percepiamo anche il secondo lato della lotta di classe, cioè quella tra la piccola borghesia nazionale e le società multinazionali e abbiamo visto come questa parte della popolazione è scesa in piazza insieme al proletariato. Sempre a differenza del TKP, noi abbiamo previsto il carattere unificante della bandiera turca e di Mustafa Kemal Atatürk e diciamo ancora che la rivoluzione in Turchia sarà realizzata con questi due simboli nazionali.

9 – Qual è stato il ruolo dell’Unione della Gioventù di Turchia (TGB) in questo movimento?

I giovani martiri della rivoluzione

La TGB, insieme alle forze comuniste, è stata una delle avanguardie del movimento. Questo non è un fatto sorprendente perchè negli ultimi anni essa aveva organizzato delle manifestazioni che avevano riunito migliaia di cittadini in piazza per difendere i valori repubblicani e i diritti degli operai. La differenza tra TGB e la maggior parte delle altre forze politiche è il fatto che TGB ha giocato un ruolo fondamentale anche nelle manifestazioni nelle periferie anatoliche: ad esempio, quasi tutte le manifestazioni ad Antalya e ad Aydın, due provincie che si trovano sulle coste del Mar Mediterraneo (che io conosco meglio) sono state organizzate da TGB e solo la TGB è riuscita a diffondere le manifestazioni anche nelle provincie più conservatrici di Turchia come Rize, Konya e Kayseri.

In Europa, invece, il ruolo della TGB è stato ancora piu’ fondamentale, specialmente nei paesi in cui c’è una popolazione turca abbastanza grande come la Germania, la Svizzera, la Francia e la Gran Bretagna. Infatti quasi tutte le manifestazioni in Germania e in Svizzera sono state organizzate da TGB. Per aggiornarci un po’: ultimamente in Germania sono state organizzate delle occupazioni simboliche di alcuni parchi per ricordare la lotta per Gezi Parkı e una conferenza è stata organizzata, con la partecipazione di tanti intellettuali ed artisti turchi, per approfondire i motivi sociali dentro il movimento popolare. In Svizzera, invece, sono state organizzate delle proteste con pentole e padelle, le quali erano diventate i simboli della resistenza del “cittadino qualunque” durante le manifestazioni in Turchia. A questo punto mi sento obbligato di ringraziare i compagni Beyhan Yıldırım, Öznur Üzmez, Salman Sınacı, Sıtare Şimşir, Emre Kılıç e Musa Ballıkaya per i loro sforzi in Europa Occidentale.

10 – Quando alle nostre latitudini si parla di Turchia a sinistra spesso si fa riferimento all’emigrazione curda. Il movimento separatista curdo ha aderito a queste proteste contro Erdogan? Ciò appare di particolare interesse in quanto Erdogan è all’origine del recente processo di compromesso con il leader del PKK Abdullah Öcalan, in carcere dal 1999.

Il leader separatista alleato col PASOK greco
Il leader separatista alleato col PASOK greco

Come si può leggere anche negli ottimi articoli pubblicati su Sinistra.ch, il PKK è un’organizzazione razzista fondata dai servizi segreti turchi per dividere la sinistra turca su basi etniche e ha avuto una funzione filoimperialista e filosionista specialmente dopo che Öcalan ha lasciato la Siria e gli Stati Uniti hanno guidato la prima invasione sanguinosa dell’Iraq (la Guerra del Golfo) . Dopo la salita al potere di Erdoğan, il PKK ha avuto uno spazio per diffondersi e, attraverso la sua “branca legale”, cioè il partito BDP, è diventato l’alleato principale del governo nel parlamento e nelle commissioni costituzionali. Infatti il BDP ha approvato tutti i disegni di legge che mirano a creare uno stato federale portati avanti dal governo e non si è opposto alle riforme reazionarie nella sfera di educazione, dicendo che “la religione islamica va rispettata”.

Riguardo alla posizione del PKK nelle manifestazioni, non sarebbe sbagliato dire che esso si è sempre opposto ad esse. Infatti, il secondo giorno delle manifestazioni Öcalan ha “salutato” i manifestanti però gli ha chiesto di “non permettere ai kemalisti e ai patrioti di dominare le piazze”. Come potete vedere chiaramente in ogni foto su ogni giornale nella stampa occidentale, i kemalisti e i patrioti sono stati la maggioranza ad ogni piazza, perciò a quel punto Öcalan ha giocato il ruolo di un crumiro, provando ad allontanare le masse dalle piazze. L’ottavo giorno, invece, il co-presidente del BDP, Selahattin Demirtaş ha attaccato TGB durante un suo discorso e due giorni fa un deputato del BDP, Sırrı Sakık, ha definito il movimento popolare come “un movimento razzista”. Fortunatamente, il PKK e le suoe varianti non sono considerati come organizzazioni di sinistra dalla maggior parte delle forze kemaliste e comuniste, quindi queste affermazioni non hanno influenzato lo svolgimento delle manifestazioni.

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