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Dalla Casetta di Bellinzona al Festival di Locarno: Marcel Barelli e il “Gypaetus helveticus”

Marcel Barelli ci racconti un po’ com’è arrivato al cinema, lei che ha svolto una formazione professionale in tutt’altro settore?

Barelli al Festival di Locarno 2012

Beh come appunto accennato, la mia prima formazione é stata un apprendistato come laborista in chimica. Dopo l’apprendistato ho lavorato qua e là per due anni, ma di lavoro ce n’era poco e allora ho approfittato del tempo per andare un po’ a fondo nella mia “vera” passione che è il cinema…. ho così preparato qualche lavoro di disegno e alcuni piccoli cortometraggi per poi presentarli alla selezione per entrare alle Belle Arti di Ginevra. Una volta accettato a Ginevra, seguendo una formazione in cinematografica, e mescolandola con la mia passione per il disegno, mi sono indirizzato verso il cinema d’animazione… e in questo caso il cartone animato.

Marcel Barelli che cosa voleva trasmettere realizzando “Gypaetus Helveticus”?

“Gypaetus helveticus” è il mio primo cortometraggio d’animazione realizzato al di fuori del circuito scolastico (alle Belle Arti ho realizzato due corti di animazione). “Gypaetus helveticus” affronta il tema del rapporto squilibrato che l’uomo ha nei confronti della natura e l’ambiente. Le responsabilità dell’uomo sulla natura, sono un soggetto che mi sta a cuore. Altro tema affrontato è il difficile rapporto che i cittadini svizzeri hanno con immigrati, stranieri e gli altri in generale. La percezione del mondo che mi sta attorno e i suoi problemi mi spinge a sviluppare progetti che cercano di far prendere coscienza agli spettatori di certi problemi indotti dal nostro stile di vita. Ed è sempre con una certa leggerezza e humor che cerco di parlare della realità nei mei progetti. L’humor ci permette di prendere le dovute distanze da ciò che viviamo e vediamo. Il film ha una dimensione un po’ «cartoonesca», che da, secondo me, un accesso più facile alle tematiche che affronta e, allo stesso tempo, ne mette in risalto i lati più amari.

Possiamo definirlo un cartone animato politico?

Non so… penso che ogni film, che lo si assuma o meno, o che ci si renda conto o meno, ha una dimensione politica. Quando si realizza un film, si fanno delle scelte, a livello di narrazione, ma anche semplicemente a livello morale… quindi (forse) in fondo è anche un po’ la nostra coscienza politica che guida un progetto. Per questo film, non ho voluto celare il lato “politico” per poter far più facilmente referenza all’attualità.

Quanto spazio pensa ci sia nella cinematografia elvetica per la critica sociale?

Beh la Svizzera ha una lunga esperienza per quanto concerne il cinema documentario (e un buon successo) che spesso è di critica sociale (più o meno). Senza per forza fare del cinema militante, penso che una parte del cinema svizzero è sempre stato abbastanza attivo nel mostrare certi problemi sociali… sopratutto negli anni ‘70 con Tanner, Goretta, etc…

Paure indotte, pensieri securitari, una politica populista che cade spesso nella xenofobia. Cosa può fare l’arte per sensibilizzare a una politica meno urlata le giovani generazioni?

L’arte può senz’altro contribuire a lanciare i dibattiti, può fare in modo che se ne parli, che si metta l’accento su alcuni problemi. L’arte può essere utile allo sviluppo di nuove idee, al dialogo, alla scoperta… L’arte può fornire delle chiavi d’accesso al mondo per capirlo e (forse) cambiarlo…

Lei diversi anni fa era membro del Sindacato Indipendente degli Studenti e Apprendisti (SISA). Cosa ricorda di quell’esperienza che si appresta a raggiungere il primo decennio di vita e che riesce a coinvolgere ancora oggi vari ragazzi?

Alla Casetta i primi cineforum

Beh ricordo sopratutto i primi passi, quando il SISA era ancora balbuziente e che cercava disperatamante di far ascoltare la sua voce… mi ricordo che pensavo che fosse qualcosa di buono e nuovo e che gli stuenti avessero bisogno di  qualcuno che li rapresentasse in quel modo… Da un po’ mi son trasferito definitivamente a Ginevra e non ho seguito le novità del SISA, ma spero che continui sulla stessa onda, indipendente e attenta….

Pochi sanno forse che lei nel 2004 organizzava dei cineforum alla Casetta ex-Zoni di Bellinzona, che oggi i giovani tentano di salvare dall’abbattimento ordinato dal Municipio. Cosa ne pensa di uno spazio autogestito per i giovani?

Alla Casetta nel 2004 (RSI)

E’ chiaro che è semrpe qualcosa di molto originale e interessante, la cultura, la società e sopratutto i giovani hanno bisogno di spazi alternativi… alternativi nel senso che si discostano da ciò che siam abituati a frequantare, che propongono attività, visioni e modi alternativi. Perché la società ha bisongo di luoghi di svago o associativi diversi e variati. E’ un peccato che la “Casetta” si ritrovi in questa situazione… Purtroppo anche a Ginevra (che è semrpe stata conosciuta per i suoi luoghi alternativi e i suoi Squat) sta perdendo molti dei suoi spazi alternativi. Un esempio però interessante di spazio alternativo (che offre molto alla città, con un teatro, cinema, 2 sale da concerto, atelier, etc..) è l’Usine, un centro semi-autogestito, perché co-gestito con la città, che approva e sostiene il luogo…

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